dal blog di Nicola Porro
Ma siamo sicuri che Hollande valga davvero una messa? Tutti pazzi del francese dall’aria pacioccona. Un fetta consistente dei liberali si è già detta entusiasta della sconfitta al primo turno di Sarkoky. E una cospicua parte dei berlusconiani, non dice, ma sotto i baffi restituisce all’attuale presidente francese quella risatina di sfottò, che Sarkozy aveva riservato all’Italia, complice la Signora Merkel e una conferenza stampa nel pieno della crisi dello spread. Ma qualcuno si è letto il programma dei socialisti? Primo aumentare l’aliquota massima sul reddito al 75 per cento. Secondo ridurre (sì avete capito bene, ridurre) l’età della pensione di due anni. Terzo: assumere altri 60mila dipendenti pubblici. E ci fermiamo qua per carità di patria.
Hollande incarna pure la protesta nei confronti dell’attuale conduzione della politica economica europea. Rompe il patto di ferro Sarkozy-Merkel e minaccia di non ratificare il cosiddetto fiscal compact, che prevede una rigida camicia di forza alle politiche economiche nazionali. Insomma Hollande è l’incarnazione dell’euroscetticismo nei confronti della supremazia tedesca. Figuratevi un po’ voi se ci si debba affidare a un francese per tale ambizioso obiettivo.
Quel che resta, e su questo converrebbe ragionare con un po’ di freddezza, è il pensiero di base con il quale Hollande scalda i cuori dei moderati italiani. Il candidato presidente all’Eliseo e molti come lui, giudicano questa una crisi che deriva dal fallimento delle ricette liberali. E ritengono che la soluzione sia più Stato e meno mercato, più spesa e più tasse. Questa è la forza del programma socialista francese.
In uno Stato come il nostro in cui la spesa pubblica è il 50 per cento della ricchezza prodotta, come si può dire che a fallire sia stato il mercato? Come si può continuare a pensare che si debba rincorrere la spesa pubblica con maggiori imposte? È di plastica evidenza che oggi gli Stati europei abbiano la necessità di meno pubblico e più privato. E noi che facciamo? Ci appassioniamo per Hollande. Una cosa da pazzi.
Certo le politiche economiche restrittive imposte dalla Germania sono altrettanto folli. Ma esse non si combattono con i socialisti francesi. Si combattono con la riduzione della spesa e delle imposte: esattamente l’opposto di ciò che propone il candidato socialista.
«Sì ma intanto rompiamo il fronte», è il non detto del centrodestra italiano. Che tragica illusione. Quando negli Stati Uniti eleggevano Ronald Reagan e in Gran Bretagna governava la Thatcher, i francesi sceglievano Mitterrand. Chapeau. L’Europa continentale ancora paga l’ubriacatura di quei dieci anni in cui il mondo anglosassone ha saputo cambiare strada, ha modificato la struttura della sua economia e ha modificato il suo Stato sociale in modo più competitivo. Questo rischiamo di fare oggi. Sull’altare dell’antipatia (più che legittima) alle politiche tedesche finiremo per innescare quella retromarcia culturale e politica che si chiama Socialismo francese.
Il centrodestra sembra amare un Hollande à la carte: sceglie il piatto buono contro la Merkel. E finge di non leggere il resto del menu, zeppo di pietanze indigeribili. Che rischiano di contagiare anche le nostre mense.
Ma siamo sicuri che Hollande valga davvero una messa? Tutti pazzi del francese dall’aria pacioccona. Un fetta consistente dei liberali si è già detta entusiasta della sconfitta al primo turno di Sarkoky. E una cospicua parte dei berlusconiani, non dice, ma sotto i baffi restituisce all’attuale presidente francese quella risatina di sfottò, che Sarkozy aveva riservato all’Italia, complice la Signora Merkel e una conferenza stampa nel pieno della crisi dello spread. Ma qualcuno si è letto il programma dei socialisti? Primo aumentare l’aliquota massima sul reddito al 75 per cento. Secondo ridurre (sì avete capito bene, ridurre) l’età della pensione di due anni. Terzo: assumere altri 60mila dipendenti pubblici. E ci fermiamo qua per carità di patria.
Hollande incarna pure la protesta nei confronti dell’attuale conduzione della politica economica europea. Rompe il patto di ferro Sarkozy-Merkel e minaccia di non ratificare il cosiddetto fiscal compact, che prevede una rigida camicia di forza alle politiche economiche nazionali. Insomma Hollande è l’incarnazione dell’euroscetticismo nei confronti della supremazia tedesca. Figuratevi un po’ voi se ci si debba affidare a un francese per tale ambizioso obiettivo.
Quel che resta, e su questo converrebbe ragionare con un po’ di freddezza, è il pensiero di base con il quale Hollande scalda i cuori dei moderati italiani. Il candidato presidente all’Eliseo e molti come lui, giudicano questa una crisi che deriva dal fallimento delle ricette liberali. E ritengono che la soluzione sia più Stato e meno mercato, più spesa e più tasse. Questa è la forza del programma socialista francese.
In uno Stato come il nostro in cui la spesa pubblica è il 50 per cento della ricchezza prodotta, come si può dire che a fallire sia stato il mercato? Come si può continuare a pensare che si debba rincorrere la spesa pubblica con maggiori imposte? È di plastica evidenza che oggi gli Stati europei abbiano la necessità di meno pubblico e più privato. E noi che facciamo? Ci appassioniamo per Hollande. Una cosa da pazzi.
Certo le politiche economiche restrittive imposte dalla Germania sono altrettanto folli. Ma esse non si combattono con i socialisti francesi. Si combattono con la riduzione della spesa e delle imposte: esattamente l’opposto di ciò che propone il candidato socialista.
«Sì ma intanto rompiamo il fronte», è il non detto del centrodestra italiano. Che tragica illusione. Quando negli Stati Uniti eleggevano Ronald Reagan e in Gran Bretagna governava la Thatcher, i francesi sceglievano Mitterrand. Chapeau. L’Europa continentale ancora paga l’ubriacatura di quei dieci anni in cui il mondo anglosassone ha saputo cambiare strada, ha modificato la struttura della sua economia e ha modificato il suo Stato sociale in modo più competitivo. Questo rischiamo di fare oggi. Sull’altare dell’antipatia (più che legittima) alle politiche tedesche finiremo per innescare quella retromarcia culturale e politica che si chiama Socialismo francese.
Il centrodestra sembra amare un Hollande à la carte: sceglie il piatto buono contro la Merkel. E finge di non leggere il resto del menu, zeppo di pietanze indigeribili. Che rischiano di contagiare anche le nostre mense.
Commenti