Renzi, dacci un liberista all’Economia

Dopo le paure di Stefano Fassina sono arrivate le esortazioni di Gianni Cuperlo: «Matteo, non mettere un liberista al ministero dell'Economia».

Un pericolo che pare più che scampato visto che, dalle ultime indiscrezioni, pare che al dicastero più importante del Paese dovrebbe andare Lucrezia Reichlin – figlia del sette volte deputato del Pci Alfredo – o in alternativa Fabrizio Barca, già definito "sinistrissimo" ai tempi in cui era ministro della Coesione territoriale del Pd (dato anche come possibile segretario pro tempore del Pd in alternativa ad Epifani). L'unico nome che poteva in potenza impaurire Gianni poteva essere l'amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra (anche qui non si capisce perché un capitano d'azienda dovrebbe essere per forza catalogato come "liberista", specie in Italia) cui Renzi pensava di affidare lo Sviluppo economico ma che, secondo i ben informati, dovrebbe rifiutare. Restano in campo i primi due nomi e quello di Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, al Lavoro. Personaggi talmente liberisti che avranno probabilmente l'esito di vanificare i (non moltissimi) punti positivi del programma economico di Renzi – riduzione del costo del lavoro e degli oneri burocratici – in favore di reddito minimo e patrimoniali. Cuperlo potrà dirsi soddisfatto, noi no.

Già perché, dalla nostra, un ministro liberista, in Italia, lo avremmo proprio voluto vedere. Visto che, caro Gianni Cuperlo, in settant'anni di storia repubblicana non ne abbiamo mai avuto uno. Forse era liberista Fabrizio Saccomanni, uno che ha lavorato una vita intera in Banca d'Italia che nel giro di un anno ci ha sommersi di nuove tasse per aumentare la spesa pubblica? O forse lo era Vittorio Grilli (anche lui burocrate per molti anni) che col predecessore Mario Monti ci ha sommersi di Imu? Ah forse a propagandare il verbo del mercato senza regole era Giulio Tremonti (2001-2004 e 2008-2011). Colui che, lo ricordiamo, ha innalzato la spesa pubblica del 2% l'anno e ci ha regalato il terrore fiscale di Equitalia. Oppure lo era di sicuro Tommaso Padoa Schioppa (2006-2008), che – nell'inaugurare la sua campagna fiscalista insieme al fido vice Vincenzo Visco – aveva definito l'evasione come «una vera e propria pandemia» da debellare. Prima di loro troviamo Ottaviano del Turco, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e così via: tutti noti liberisti come i socialisti e i democristiani della Prima Repubblica che concepirono e promossero disumani esperimenti di macelleria sociale quali le "baby pensioni".

No, in Italia un ministro liberale (figuriamoci "liberista") non ce lo abbiamo mai avuto. L'unica eccezione è una breve parentesi di Luigi Einaudi al Bilancio fra il '47 e il '48. Maffeo Pantaleoni (quello che disse «qualsiasi imbecille può inventare o imporre tasse, l'abilità consiste nel ridurre le spese») non può essere "contato" in quanto non fu ministro in Italia bensì nell'amministrazione del Carnaro che Gabriele D'Annunzio aveva instaurato a Fiume.

Forse, se ci troviamo in questa situazione economica, la colpa non è certo dei ministri liberisti. Vero Cuperlo? Per questo noi, a Renzi, proporremmo proprio di nominare un liberista per uscire dal pantano. Dalla nostra possiamo suggerirgli tre firme prestigiose di questo giornale, Carlo Lottieri, Marco Bassani e Corrado Ocone, o altri giovani e preparati economisti dell'Istituto Bruno Leoni come Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro. In alternativa scelga lui, in Italia non ci sono molti intellettuali liberisti ma qualcuno sì. L'importante è che non ci propini l'ennesimo statalista integralista.

Di Matteo B. www.lintraprendente.it (mi pare semmai correggo)

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