Regole chiare per chi viene da noi, o ci ritroveremo colonizzati dall'islam

Piero Ostellino - Ven, 01/07/2016 - 08:25

Le cronache del mondo in cui viviamo con le notizie di attentati islamici a comunità cristiane - rivelano che l'umanità è divisa in due grandi emisferi.

Da una parte, c'è la civiltà giudaico-cristiana all'interno della quale vige il principio morale «non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te». Dall'altra, c'è la civiltà islamica che considera il prossimo un infedele possibilmente da distruggere. Il pregiudizio cristiano prevede una vita di sacrificio; quello islamico promette al maschio che ha vissuto una vita intensa un paradiso di femmine pronte a soddisfarlo. Il paradiso cristiano è la remunerazione di chi ha vissuto una vita di sacrificio; quello islamico promette un certo numero di donne disposte a soddisfare il credente che ha vissuto una vita intensa. È la vita stessa che crea le premesse dei due paradisi. La premessa del paradiso cristiano è una vita vissuta con sacrificio; la premessa di quello islamico è la convinzione che l'«altro» sia un infedele, possibilmente da distruggere, e una vita vissuta intensamente. Gli attentati da parte dell'estremismo islamico sono la traduzione di quest'ultima idea di paradiso. Non c'è posto nel paradiso cristiano per la gratificazione dei sensi. Resta il fatto che, ci piaccia o no, noi dell'emisfero cristiano dobbiamo fare i conti con l'emisfero islamico, che ci sta invadendo, e le sue regole. Sono due emisferi le cui morali sono inconciliabili e di tale inconciliabilità dobbiamo prendere atto. Sarà un confronto duro, condotto sul filo dei due emisferi, e non è ancora detto che a vincerlo sia quello cristiano. Se non ci diamo dalle regole sull'immigrazione, saremo colonizzati dall'immigrazione islamica. Contare sulla supposta supremazia culturale dell'emisfero cristiano non serve ed è persino controproducente, se non si ci dà regole che disciplinino l'immigrazione. Non si tratta di esasperare il confronto con decisioni illiberali e antidemocratiche che discriminino l'immigrazione islamica. Si tratta di conviverci. Non sarà una impresa facile, tenuto anche conto che, per la controparte, noi siamo infedeli da combattere, mentre lo spirito di tolleranza suggerisce a noi di non discriminare nessuno. La regole è che la civiltà più tollerante sia condannata a soccombere. Non è stato così per secoli. Cerchiamo di attenerci alla tradizione. Il cristianesimo ha contribuito alla nascita della modernità. È il nostro punto di forza sull'islamismo sul quale dovremmo puntare. È il solo modo, compatibile con la nostra civilizzazione, di integrare l'immigrazione, compresa quella islamica. Chiunque venga da noi, deve sapere che, da noi, vigono principi e regole di condotta cui deve adeguarsi. Nessun gli impedisce di professare la propria religione e di tenere fede ai propri costumi, ma a condizione che non pretenda di imporli a noi


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