addio Valtopina?

Ecco l’Umbria con 30 soli Comuni, Cna: «Grazie a fusioni incentivi fino a 2 milioni all’anno per ogni municipio»

Lo studio ipotizza 24 aggregazioni: «Si liberano risorse per diminuire le tasse o aumentare investimenti. Stop campanilismi»

La mappa con le fusioni
20 FEBBRAIO 2017

di Daniele Bovi

Servizi migliori e, in media, 82 euro per ogni cittadino per i prossimi 10 anni. Tanto finirebbe nelle casse di quei Comuni umbri che optassero per fondersi con quelli vicini. Il dato emerge dal dossier, realizzato dal centro studi Sintesi, presentato da Cna Umbria lunedì mattina a Perugia. Il documento prospetta un panorama amministrativo regionale radicalmente differente rispetto a quello attuale, fatto di 30 Comuni invece di 92 grazie a 24 fusioni, dalle quali sarebbero escluse solo alcune realtà (Perugia, Terni, Spoleto, Gubbio, Castiglione del Lago e San Giustino); il tutto con lo scopo di liberare risorse per abbassare le tasse o incrementare gli investimenti. L’analisi di Sintesi-Cna parte da alcuni dati di fatto. Il primo: i Comuni fino a 5 mila abitanti, stando ai dati del Ministero dell’Interno contenuti nella pubblicazione «Fusioni: quali vantaggi?» realizzata nel 2015, presentano costi maggiori rispetto a quelli delle fasce demografiche centrali (dai 5 ai 20 mila abitanti), mentre quelli delle città più grandi sono maggiori vista la più alta domanda di servizi.

Il quadro Il 50 per cento dei municipi in Umbria ha al massimo 3 mila abitanti e occupa un quarto del territorio, fra 3 e 5 mila si colloca il 15 per cento dei Comuni mentre 6 umbri su 10 vivono nelle 10 città con una popolazione superiore alle 20 mila unità, cioè quelle che occupano un terzo del territorio regionale. Realtà, tutte, con sempre meno risorse a causa dei tagli ai trasferimenti: 127 milioni di euro dal 2010 al 2016, cioè una contrazione del 53 per cento (142 euro in meno da spendere per ogni cittadino). Il risultato è una riduzione del 22 per cento degli investimenti dal 2010 al 2015 (con l’unica eccezione dei Comuni tra i 5 e i 10 mila abitanti, +38 per cento) e una crescita delle spese del 5 per cento in quelli con meno di 3 mila persone. Tradotto in termini pro capite, in media ci sono stati 243 euro di investimenti nel 2015 contro i 635 dei Comuni tra i 5 e i 10 mila abitanti e i 191 di quelli più piccoli, che più avrebbero bisogno. Tutto ciò di traduce in una pressione fiscale più alta proprio nei comuni fino a 3 mila persone (739 euro a testa), mentre nella fascia superiore la cifra scende a 623 euro.

Le fusioni Dopo anni di rinvii ora la legge obbliga i piccoli a dare vita, entro la fine del 2017, alla gestione associata delle funzioni fondamentali (il limite demografico minimo è di 3 mila abitanti, che scende a mille per le aree montane), pena l’arrivo di un commissario prefettizio. Allo scopo i Comuni possono godere di un contributo straordinario dello Stato pari al 50 per cento dei trasferimenti erariali del 2010 per un periodo di 10 anni; in più le leggi prevedono finanziamenti per spese d’esercizio, supporti di vario tipo, premialità, meno vincoli per le assunzioni a tempo indeterminato e altri tipi di agevolazioni, compresa la possibilità di mantenere i servizi nei municipi decentrati. Con questo quadro di fronte Cna ha immaginato un’Umbria con 30 Comuni: a fondersi sarebbero tutti quelli con meno di 5 mila persone e soglia minima di 10 mila persone. Qualche esempio: tutta l’area della Valnerina totalizzerebbe 12 mila persone, nel nord a Castello si unirebbero Citerna e Monte Santa Maria, a Umbertide Lisciano, Montone e Pietralunga, Corciano si fonderebbe con Magione, Gualdo Tadino con Nocera, Todi con Fratta Todina e Monte Castello di Vibio, Città della Pieve con Paciano, Piegaro e Panicale, Deruta con Torgiano, Bastia con Bettona, Passignano con Tuoro e via così.

Incentivi Grazie a ciò ogni Comune potrebbe godere in media di 82 euro di incentivi per ogni abitante, da un minimo di 34 euro per Foligno, Sellano e Valtopina a un massimo di 166 per i Comuni della Valnerina. Incentivi che funzionano: dal 1995 al 2011 in tutta Italia le fusioni sono state 9 mentre tra il 2012 e il 2015 62, con 30 milioni di euro messi sul piatto nell’ultimo anno. In alcuni casi addirittura con gli incentivi si compenserebbero i tagli degli ultimi 6 anni mentre in media il recupero sarebbe del 63 per cento. Con i soldi in cassa a quel punto le opzioni sono due: meno tasse (in media -12 per cento) o più investimenti (+26 per cento). Tutto bello sulla carta, ma come trasformarlo in realtà in special modo in una regione ultra-campanilistica come l’Umbria? A presentare lo studio oltre al direttore di Cna Umbria Roberto Giannangeli c’erano anche i sindaci di Gualdo Cattaneo (Andrea Pensi) e Giano (Marcello Bioli), che un processo di unione lo hanno già avviato, e quello di Todi Carlo Rossini.

Stop campanilismi «Il campanilismo – ha detto Giannangeli – rischia di ammazzare molti centri. Come si fa a tenere in piedi realtà che non riescono a tagliare l’erba? Dalla fusione potrebbero arrivare risorse ingenti, il risultato sarebbe davvero impressionante e la priorità sarebbe quella di sanare il deficit infrastrutturale della nostra regione». L’idea di Cna è quella di portare avanti il discorso nelle prossime settimane e di parlare con i sindaci: «Questo processo – dice ancora il direttore – tanto vale farlo ora che ci sono gli incentivi». Rossini sul tavolo mette anche il tema delle Province e della macroregione, parlando poi della necessità di «preservare l’identità anche se in questo caso parliamo di processi amministrativi, che vanno coniugati con la prima». Quel che è certo è che «siamo in grandissima difficoltà nell’erogare i servizi e servono soluzioni vere. La proposta di Cna ha molte ragioni che vanno approfondite».

Twitter @DanieleBovi

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