Un pomeriggio in locanda


“Antica Locanda” recitava l’insegna all’ingresso. Ma antica dove? Pensai mentre ispezionavo l’intonaco n troppo bianco delle pareti e il legno lucido che contornava la porta. Ebbi un attimo di esitazione… aveva tutta l’aria di essere un locale frequentato da quel genere di società bene conle tasche piene e le barbe pettinate che proprio non digerivo. La tentazione di tirare dritto mi pervase; poi i bisogni primari imposero rapidamente la loro dittatura. Faceva un caldo orrendo lìfuori e sembrava che ogni cellula del mio corpo reclamasse una birra fresca. O magari più di una,visto che in fondo era un pomeriggio senza senso e la misera paga era stata appena incassata. Sì esatto… un sabato pomeriggio vuoto a cui solo una sana bevuta poteva dare un senso.Mentre mi arrovellavo nei miei pensieri e sentivo cadere le ultime resistenze interiori la porta si spalancò ed uscì una giovane coppia che mi squadrò con la curiosità che normalmente si riserva ai babbuini nelle gabbie. Il ventre improvvisamente esposto del locale confermò all’istante tutti i miei presentimenti. Camicie eleganti, scarpe lucide, capelli ben pettinati e quel sottofondo silenzioso di gente che parla di a ari ostentando calma e buona educazione. E mentre il mio sguardo scivolava verso il bancone eccolo lì, questa sorte di oste ba uto che mi guarda da dietro il bancone come a dire “pensi di entrare o no?”. Mi sentii un po’ in imbarazzo, quel tanto che bastava per ricordarmi del caldo, della sete etc etc. Così avanzai di un passo e mentre la porta si richiudeva appoggiai la mano sulla maniglia e mi trascinai dentro.Sono sempre stato un sostenitore del bancone. Credo che sia lì che si svolge la vita di un locale o almeno, quella che vale la pena di osservare. Così declinai l’o erta del titolare di sedermi a un tavolo e mi appollaiai su uno sgabello proprio di anco alla pompa della birra. Dentro almeno era fresco; e mentre il publican spinava con occhio esperto la pinta che gli avevo chiesto sentii il disagio piano piano scivolare via dai miei pensieri. Dopo la prima sorsata, accompagnata da un sospiro di sollievo, anche il mio corpo si rilassò e trovò sullo sgabello una seduta più naturale:leggermente ricurvo e con un gomito appoggiato sul bancone, quasi ad aggrapparmici mentre con l’altro braccio sollevavo il boccale ripetutamente no alle labbra.Non durò molto in e etti la prima birra. Ne ordinai un’altra con l’idea di assaporarla un po’ di più.E mentre il cappello di schiuma scendeva sentii la porta del locale aprirsi. Dalla posizione in cui sedevo era impossibile non osservare chi entrava; così feci dono di questo rituale improvvisato anche ai due avventori che si stagliavano in quell’istante fra la penombra dell’interno el’accecante bianco afoso e torrido che veniva da fuori.Due uomini estremamente eleganti. Uno dei due vestiva con un completo bianco, una camicia bluintenso e delle scarpe marroni lucide. Portava i capelli pettinati all’indietro e aveva tutta l’aria diessersi rasato da poche ore anche se il sudore che gli imperlava la faccia rendeva l’opera abbastanza vana. Il suo amico era più alto, vestiva elegante anche lui anche se meno ingessato.Indossava dei pantaloni color beige e delle scarpe nere come il gilet che incorniciava la sua camicia grigia. Aveva i capelli ben pettinati da un lato e una barba lunga e curata. Mi chiesi quando diavolo sarebbe nita quella moda della barba. Sembravano una strana versione elegante del gatto e la volpe; e a parte quello avevano tutta l’aria di aver già visto qualche bancone e averin corpo qualche bicchiere di troppo. In cuor mio sperai di raggiungerli in fretta.A di erenza mia accettarono ben volentieri di sedersi a un tavolo, non molto distante dalla miaposizione e appena accomodati ripresero la discussione che evidentemente avevano lasciato ametà poco prima di entrare solo per sbrigare i convenevoli di ingresso.“Vedi caro Ben” disse il tizio più alto lisciandosi la barba “sei convinto che l’auto che hai compratosia il futuro. Tu e tutti quelli come te avete sta ssa progressista che non ha il minimo senso. Tibasterebbe aprire un po’ gli occhi”.Parlava a voce alta… adesso il fatto che avessero dentro già qualche bicchiere mi apparve unacertezza.“Io mi domando, Robert, come si faccia ad essere ottusi come te” rispose prontamente il suoamico in completo bianco. “A stare a sentire gente come te saremmo ancora all’età della pietra”Non volevo apertamente farmi gli a ari loro, ma da dove ero, e per quanto parlavano forte, eraimpossibile non seguire la discussione, così mi appoggiai facendo nta di niente con entrambi igomiti al bancone e restai in ascolto.“Andiamo Ben! Hai buttato un sacco di soldi in quel rottame e adesso vuoi convincermi di averfatto la furbata del secolo!”“Puoi dirlo forte! Questo è il futuro… altro che andare in giro con quel trabiccolo puzzolente concui ti sposti tu!”“Se se… intanto tu se non trovi un posto in cui ricaricare con il uido magico (evidenziò questeparole facendo il segno delle parentesi con le mani per rimarcare il suo scetticismo) resti a piedi!Bella roba. Tanta tecnologia e poi resti a piedi. E hai bisogno di qualcuno come me che venga aprenderti!! Ahahahahh!!”“Ma cosa c’entra Rob… è ovvio che stiamo parlando di una tecnologia che è appena all’inizio.Vedrai che fra qualche anno la rete di ricarica sarà estesa in maniera capillare ed allora non dovrainemmeno più pensarci!”“Sì certo… credici. Questo è quello che ti fanno credere i politici per spingerti a buttare via i soldi!”Ben era evidentemente irritato dalle parole di Robert. Era chiaro che il secondo non si sarebbemai convinto, una persona saggia avrebbe lasciato cadere la conversazione, ma Ben alticciocom’era non gliela voleva certo dare vinta e mentre parlava diventava sempre più rosso erabbioso. Cominciai a pensare che forse il mio pomeriggio stava prendendo un senso. Ordinaiun’altra birra.Ben batté un pugno sul tavolo. “Diamine Robert, ma perché parli sempre per luoghi comuni? Checosa c’entra la politica adesso? Ho semplicemente deciso di investire i MIEI soldi in unatecnologia che è oggettivamente superiore. Con buona pace dei primitivi come te!”“Ah sì…. Davvero?”“Sì, davvero. Intanto la mia auto è nettamente più veloce. In accelerazione poi posso fartimangiare letteralmente la polvere.” Disse Ben accompagnando la sua frase da un lungo sorso dibirra che nel frattempo in maniera quasi invisibile il cameriere gli aveva appoggiato sul tavolo.“Poco importa tanto dopo poco sei a piedi. Poi quando tu hai un guasto meccanico dove vai asistemarla? Io in ogni città posso trovare chi mi dà assistenza, ma tu? Se resti a piedi in un postodove non c’è nessuno che fai?”“Stesso discorso di prima. E’ una tecnologia nuova, ha bisogno di anni per di ondersi in manieracapillare, allora vedrai che si troverà assistenza in ogni città.”Cominciai a provare un irrefrenabile desiderio di capire quali fossero i veicoli su cui stavanofondando il loro litigio; anche se un’idea ovviamente me l’ero fatta. Però mi sembrava indelicatoandarglielo a chiedere proprio mentre sentivo i toni della loro discussione accendersi sempre dipiù. Anche l’oste cominciò a guardarli con la faccia di chi ha individuato una situazione che abreve sarà problematica.“…..senza contare poi che per alimentare la tua carretta” disse Ben con la faccia di chi ha appenatrovato un argomento inattaccabile “bisogna distruggere l’ambiente! Campi interi…. Solo perricavare ciò che serve per andare in giro! Se andiamo avanti di questo passo non avremo piùnemmeno la roba da mangiare. Il pianeta sta cadendo a pezzi, lo vuoi capire che bisogna farequalcosa?”Ma Robert non sembrava turbato dalla cosa.“E pensi che per alimentare la tua auto sia diverso? Cambia solo che non vedi dove lo produconoe allora ti senti Green… ti senti pulito. E invece sei parte del problema esattamente come me!”“Non direi proprio! La roba con cui alimento la mia auto è un dono della natura, basta allungare lemani e prenderlo!”“Sei proprio un tonto Ben! Tu e i tuoi amichetti progressisti a tutti i costi! Tutti in giro con la nuovadiavoleria del momento. Siete solo schiavi delle mode!”“Ma hai visto come porti la barba? E parli di mode a me? Dì Rob… oggi sei andato dal Barber afarti fare il parrucco?”A questa frase Robert si sentì evidentemente toccato sul vivo e con uno scatto si alzò dalla sediae guardando minaccioso l’amico gridò:“Almeno quella che mi porta a spasso è roba da uomini! Non da nocchi come te!”“Prova a ripetere quello che hai detto!” Disse Ben alzandosi a sua volta e mettendosi muso a muso contro di lui. Diedi un sorso alla birra e aspettai di vedere chi avrebbe fatto partire il primo pugno. Ma l’oste, evidentemente avvezzo a queste scene, uscì dal bancone e si diresso verso diloro; proprio mentre Rob gridava “Con quel rumore che fa come la de niresti se non una roba da finocchi?”Dietro a banco non ci avevo fatto più di tanto caso ma una volta uscito mi accorsi che l’oste eraun omaccione alto quasi due metri e con due mani che sembravano badili. Mani che appoggiòrispettivamente sulla spalla di uno e dell’altro allontanandoli proprio quando sembrava ormaiinevitabile lo scoppio della rissa. Fui un po’ deluso della cosa. Comunque evidentemente la suapresa non lasciava spazio a interpretazione perché i due “quasi amici” cessarono all’istante dia rontarsi e lo guardarono con la faccia di chi capisce di averla fatta fuori dal vaso.“Qui non vogliamo problemi capito?” Disse il gigante buono che poco prima mi aveva spinato labirra, con una voce che non ammetteva repliche.Difatti i due annuirono. Lasciarono alcune banconote sul tavolo ed uscirono senza più proferireparola. Probabilmente ognuno alle prese con la propria rabbia.Fu allora che la curiosità infantile prese possesso di me e non potei fare a meno di alzarmi eavvicinarmi alla nestra del locale. I due erano proprio lì fuori. Li vedevo di schiena mentre ognunocamminava separandosi dall’altro diretti ai rispettivi veicoli. Passi lunghi e rabbiosi no all’altrolato della strada; sotto un sole cocente.Poi quello più basso, che avevo capito chiamarsi Ben, col suo elegante completo bianco, aprì laportiera di un’auto bellissima, di un verde acceso color pastello messo ancor più in risalto daicerchi dorati e dalle niture di metallo lucido. Potei anche vedere gli eleganti rivestimenti dei sedilidi pelle rossa. Non ne avevo ancora vista una simile, e ne rimasi incantato. Solo quando partìaccompagnato dall’inconfondibile rumore riuscii a distogliere lo sguardo e posarlo sul suo amico che imprecando fra i denti, dopo le operazioni di rito, saliva sulla sua carrozza e si allontanava sferzando i cavalli.

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