VITA DEL SOMMO PONTEFICE S. CALLISTO I

VITA DEL SOMMO PONTEFICE S. CALLISTO I.


PER CURA DEL SACERDOTE BOSCO GIOVANNI



La lettera dell'alfabeto segna il numero progressivo de' fascicoli riguardanti la Vita dei Papi.





TORINO

TIP. G. B. PARAVIA E COMP.

1858 {1 [73]} {2 [74]}







INDEX



Capo Primo. Patria di S. Callisto. - Sua elezione - suo zelo. - Gara degli osti. - Giudizio dell' Imperatore Alessandro. - S. Maria in Trastevere. - Miracolo dell' olio.

Capo II. Cimiteri antichi - Tombe. - Catacombe di S. Callisto. - Cripte cristiane.

Capo III. I gradi di parentela. - Ordinazione de' preti. - Il digiuno delle quattro Tempora.

Capo IV. Incendio del Campidoglio. - Auguri ed Aruspici. - Statua di Giove - Caduta del fulmine. - S. Palmazio gentile accusa i Cristiani. Risposta dell'Imperatore Alessandro.

Capo V. S. Calipodio. - Soldati accecati. Sacrifizio a Mercurio e minaccia di morte a chi non interviene.

Capo VI. La Vergine Giuliana. - Palmazio va da S. Callisto - è istruito nella fede - riceve il battesimo con tutta la sua famiglia.

Capo VII. Carceri Mamertine. - Palmazio alla presenza dell'Imperatore - è consegnato a Simplicio Senatore, affinchè lo faccia prevaricare.

Capo VIII. Palmazio guarisce una paralitica. - S. Callisto istruisce e battezza Simplicio con tutta la sua famiglia - Parole di S. Calipodio.

Capo IX. Ordino di persecuzione. - Martirio di S. Calipodio. - S. Callisto va a dimorare in casa di S. Poliziano. - Sepoltura e cimitero di S. Calipodio.

Capo X. S. Callisto in prigione. Suoi patimenti. - Dio lo conforta con una visione. Guarisce miracolosamente un soldato. È gettato in un pozzo. Sua sepoltura. Chiesa di S. Callisto.

Capo XI. Culto e reliquie di S. Callisto.

Capo XII. Atti della traslazione dall'Italia a Cisonio: dal MS. di Giovanni Buzelino. V. Boll. 14 ottobre.

Capo XIII. Chiesa di S. Maria in Trastevere.

Capo XIV. Parte interiore di questa Chiesa.

Indice



Capo Primo. Patria di S. Callisto. - Sua elezione - suo zelo. - Gara degli osti. - Giudizio dell' Imperatore Alessandro. - S. Maria in Trastevere. - Miracolo dell' olio.

Ripigliamo, o miei veneriti amici, il racconto delle gloriose azioni dei sommi Pontefici. Noi abbiamo già percorso lo spazio di anni 221 ed abbiamo sempre veduto succedersi l'un dopo l'altra questi supremi Pastori della Chiesa. L'ultimo, di cui abbiamo parlato, è S. Zefirino morto nel 221. Dopo luì fu eletto Pontefice S. Callisto di nazione Romano. - Il nome Callisto viene dal greco e significa bellissimo, il qual nome ben gli conveniva tanto per le rare doti della persona, quanto per le belle opere che nel suo pontificato mandò ad effetto.

Egli era nato in Trastevere nel borgo detto Urbs Ravennatum, cioè frazione della {3 [75]} città di Roma detta dei Ravennati, perchè ivi avevano avuto la loro dimora alcuni militari e marinai, che l'imperatore Augusto avea fatto venire a Roma dalla città di Ravenna, e che fissarono colà il loro domicilio.

Callisto aveva già lavorato con grande zelo sotto al Pontificato de' suoi antecessori: più volte aveva esposta la vita ai pericoli, anzi fu più volte sul punto di essere condotto al martirio, ma la divina provvidenza lo aveva riserbato pel governo della Chiesa universale. La sua erudizione, la sua santità, i suoi miracoli fecero sì che tale elezione fosse ricevuta con giubilo da tutti i cristiani.

Quattro cose resero in maniera particolare glorioso il pontificato di S. Callisto. La Basilica di santa Maria in Trastevere, il digiuno delle quattro Tempora, il Cimitero detto di S. Callisto nella porta Apia, oggidì porta s. Sebastiano, ed il luminoso di lui martirio. Noi comincieremo a parlare della Basilica e dei fatti che diedero motivo di costruirla.

Si racconta comunemente che in una parte di Roma posta in Trastevere, alla nascita del Signore sia prodigiosamente {4 [76]} uscita una fonte d'olio, che scaturì per lo spazio di un giorno intiero. I cristiani conservando sempre viva la rimembranza di tal prodigio solevano radunarsi in questo luogo per esercitare le loro pratiche di pietà, ma veduto a farsi colà concorso di gente, alcuni malevoli fecero tosto una casa di scostumatezza. Quindi gli osti mossi dalla speranza del guadagno ivi pure aprirono alcune taverne. Per attirar gente si studiavano d'introdurre ogni genere di pubblico spettacolo. Per tali cose i Cristiani erano continuamente disturbati, e non di rado insultati nell' esercizi della religione. Ciò facevasi con tanto maggiore baldanza in quanto che i Cristiani erano tuttora presi di mira e pubblicamente maltrattati. Ma essendo morto l'Imperatore Eliogabalo, per buona ventura era succeduto un altro di nome Alessandro Severo, che lasciò vivere in pace i Cristiani, anzi sul principio del suo regno li favorì in più cose. Amava la loro religione, ed aveva perfino fatto mettere una statua di G. C. nel suo palazzo, e alcuni credono che almeno privatamente abbia riconosciuto e professato il Vangelo; sebbene per rispetto umano non abbia mai osato professarlo pubblicamente. {5 [77]}

Ai cristiani sembrava poter riporre qualche fiducia in tate imperatore, perciò dopo aver più volta piegato inutilmente quegli osti che li lasciassero vivere in pace, giudicarono bene ricorrere dal medesimo Alessandro. I cristiani adunque per sostenere la loro Religione, gli osti per motivo di interesse temporale si presentarono a lui affinchè decidesse a favore di chi dovesse cedersi quel luogo. L' imperatore ascoltò attentamente la questione, poi disse: Qual è quel Dio, che colà volete adorare? Fu risposto: Egli è il Dio de' Cristiani. Soggiunse l'imperatore: è meglio che quel luogo sia destinato al culto di qualsiasi Dio, ma non sia dato in potere degli osti. Allora gli osti dovettero ritirarsi e lasciar tranquilli i cristiani.

Tale notizia fece provare a S. Callisto grande consolazione; e per dare un segno di gratitudine a Dio pel benefizio ricevuto, animò i cristiani a costruire in quel luogo medesimo una chiesa che è la prima innalzata pubblicamente in Roma ad onore della Beata Vergine Maria. Per conservare poi la memoria del prodigio dell'olio volle che fosse dedicata al parto di Maria per onorare il nome di Gesù, che a guisa di {6 [78]} olio diffonde e comunica le sue grazie e benedizioni nei nostri cuori. Questa Chiesa è considerata come una delle prime Basiliche di Roma. Accanto all'altare maggiore si mostra ancora un foro munito di cancello di ferro, che segna precisamente il luogo di quel prodigio. Molti miracoli si operarono in questo luogo. I viaggiatori che vanno a visitarlo, e che possono trar fuori terra da quel buco, la trovano oleosa come se fosse di recente di olio bagnata. V. Bar. anno 224. Boll. 14 ott.




Capo II. Cimiteri antichi - Tombe. - Catacombe di S. Callisto. - Cripte cristiane.



La memoria verso i defunti fu sempre tenuta come cosa sacra presso a tutti i popoli moderni ed antichi, inciviliti e barbari. La premura di rispettare e far rispettare le ceneri de' trapassati nasceva dalla persuasione che ognuno aveva che il corpo è bensì un vaso fragile il quale deve in breve spezzarsi; ma in questo vaso avvi un tesoro prezioso, cioè l' anima umana, che alla morte va al possesso di una sorte {7 [79]} eterna, beata od infelice secondo le opere fatte nella presente vita. Di più sapevano che il corpo deve un giorno risorgere ed unirsi all'anima per godere o patire seco lei in eterno. Egli è sopra questa credenza universale che si appoggia la venerazione che in ogni tempo si ebbe per le ceneri dei defunti, cioè perchè il corpo e stato per così dire lo stromento, il custode, il compagno indivisibile dell'anima, da cui è costretto a separarsi alla morte, ma che nell'ultimo giorno del mondo dovrà di nuovo unirsi con lei e rimanervi unito in sempiterno.

Anticamente era stabilito per legge presso ai Romani di non seppellire cadaveri nelle città; perciò erano seppelliti fuori nelle campagne, o piuttosto li abbruciavano. I cristiani però trasportavano soventi volte il corpo dei morti nelle loro case, e non essendo permesso di dare pubblica sepoltura, li seppellivano nelle loro case, ma non li abbruciavano mai. I luoghi, dove solevano seppellirsi, dicevansi cimiteri, tombe, catacombe, cripte. Delle quali parole credo bene darvi breve spiegazione.

La parola cimiterio viene dal greco e vuol dire dormitorio, perchè la morte devesi considerare come un riposo delle {8 [80]} fatiche della vita; ed i nostri cadaveri sono depositati nei cimiteri, come chi piglia sonno, perchè dovremo tutti un giorno risorgere, e l'anima di ciascuno dovrà prendere il corpo che aveva prima della morte. Quel luogo ove si portavano a seppellire i cadaveri senza distinzione chiamavasi semplicemente cimiterio: Quando poi morivano santi personaggi, oppure dovevasi seppellire il corpo di qualche martire, allora preparavasi un luogo apposito, dove i fedeli si adunavano prestando quella venerazione, che le circostanze de' tempi permettevano. Questi luoghi appellavansi tombe, parola, che vuol dire scavazione, o luogo scavato apposta, come appunto era la tomba del Salvatore, quella di S. Pietro, di san Paolo.

Le catacombe sono famosi cimiteri. Questa parola viene pure dal greco, e vuol dire secondo i sotteranei, perchè queste scavazioni erano fatte anticamente fuori di Roma per cavar tufo od altra terra per fare porcellane ed altri lavori di creta. Le più famose catacombe sono quelle di S. Callisto, così dette da questo Pontefice, che vi fece eseguire varii lavori, sicchè ancora presentemente formano l'ammirazione dei viaggiatori che si recano colà a visitarle. {9 [81]}

Lasciando da parte la lunga descrizione che se ne dovrebbe fare, qui trascrivo solamente quanto è scritto sopra una lapide di marmo, che era posta all'entrata di questo celebre cimitero. Eccone il tenere: «Questo è il cimitero dell'inclito Pontefice san Callisto papa e martire. Chiunque confessato e pentito de' suoi peccati entrerà in esso otterrà l'intiera remissione de' suoi peccati, e ciò pei meriti de' cento settanta mila gloriosi martiri, con quaranta sei sommi Pontefici, i cui corpi sono ivi in pace sepolti; i quali sopportarono grande tribolazione nel mondo, e perciò sono divenuti eredi della gloria del Signore, pel cui nome sopportarono il supplizio della morte.» V. Boll. die 14 oct.

In questi lunghi sotterranei in certi siti s'incontrano specie di sale, cui si dà il nome di cripte, parola greca che vuol dire nascosto, e queste erano le chiese dei primitivi cristiani, quando per motivo delle persecuzioni, non potendo radunarsi pubblicamente, erano costretti a nascondersi per non essere disturbati nelle sacre funzioni. Ivi in certi giorni, in certe ore stabilite si radunavano per sentire la santa messa, ascoltare la parola di Dio, accostarsi al sacramento {10 [82]} della penitenza, ricevere la santa Eucaristia, ed esercitare altre pratiche religiose; e ciò facevano per lo più sopra la tomba di un martire, che poco prima aveva sparso il sangue per la fede. Così uscendo i cristiani da quei luoghi sentivansi tutti infiammati d'amor di Dio, pieni di coraggio per tollerare qualunque supplizio.




Capo III. I gradi di parentela. - Ordinazione de' preti. - Il digiuno delle quattro Tempora.



A s. Callisto si attribuisce la proibizione del matrimonio tra consanguinei, cioè tra quelli che sono molto stretti in gradi di parentela in linea paterna. Tal cosa fu decretata per insinuare il gran rispetto che i parenti devonsi avere tra di loro. Dalla qual cosa si conosce quanto sia antico nella Chiesa l'uso di non permettere il matrimonio in certi gradi di parentela. Siccome però ci sono gradi in cui il matrimonio è proibito soltanto per legge della Chiesa, perciò la medesima Chiesa, qualora vi siano ragionevoli motivi, suole concederne la {11 [83]} dispensa. Noi cattolici dobbiamo rispettare queste antiche disposizioni della Chiesa, e ricorrere alla suprema di lei autorità ogni qualvolta ci occorresse di celebrare matrimonio tra parenti fino al quarto grado.

Il medesimo pontefice confermò le quattro Tempora, cioè quello che prima si osservava per tradizione apostolica fu ridotto in scritto stabilendo tre distinti giorni di digiuno nelle quattro stagioni dell'anno. S. Callisto fissò questo tempo per invitare i fedeli ad invocare con digiuni e preghiere la benedizione del Signore sopra le campagne, e sopra quei chierici che devono ricevere l'ordinazione.

Anticamente conferivansi soltanto gli ordini sacri nel mese di dicembre, perciò un solo tempo di digiuno era a questo uopo stabilito. Ma crescendo il numero dei cristiani, e manifestandosi vie più il bisogno dei sacri ministri, fu stabilito che quattro volte all'anno i cherici potessero essere ordinati. Le quattro Tempora adunque furono instituite affinchè i fedeli preghino e digiunino siccome facevano i fedeli fin dal tempo degli Apostoli quando essi erano per conferire la sacra ordinazione. Questi tempi sono eziandio divisi in quattro, perchè, siccome {12 [84]} già praticavasi dagli Ebrei, corrispondono a quattro fini particolari: nella primavera affinchè Iddio benedica le semenze delle campagne; nell' estate affinchè crescano, e producano frutti; nell' autunno affinchè i frutti giungano a maturità; e nell'incominciamento dell'inverno affinchè si possano raccogliere, e godere in sanità e grazia di Dio (V. Navaes in S. Callisto).

Il numero dei giorni di preghiera e digiuno è fissato a tre, affinchè con quei tre giorni siano consacrati a Dio i tre mesi, che seguono le quattro tempora: così colle quattro tempora dell'anno noi veniamo ad offerire al Signore dodici giorni, uno per ciascun mese, nel qual modo intendiamo di offerire l'anno intero a Dio[1]. {13 [85]}




Capo IV. Incendio del Campidoglio. - Auguri ed Aruspici. - Statua di Giove - Caduta del fulmine. - S. Palmazio gentile accusa i Cristiani. Risposta dell'Imperatore Alessandro.



Noi intraprendiamo a raccontare l'interessante storia del martirio di S. Callisto. E poichè le cose che verremo esponendo sono di grandissima importanza, perciò noi le caviamo letteralmente dagli atti autentici scritti dai notai Romani che vivevano a que' tempi. V. Surio e Boll. die 14 oct.

L'imperatore Alessandro fu per due anni favorevole ai Cristiani; ma l' anno terzo del suo impero, sesto ed ultimo del Pontificato di S. Callisto, che corrisponde all'anno 226, tollerò che i fedeli fossero perseguitati. Mamea di lui madre aveva pure diminuita la venerazione che aveva per la fede cristiana, la qual cosa contribui a far cangiare di proposito il proprio figlio. La persecuzione ebbe origine dalle seguenti calamità che in que' tempi hanno oppresso l'impero, e delle quali erano incolpati i cristiani. Avvenne che un terribile incendio consumò la parte del Campidoglio rivolta {14 [86]} a mezzodì. Contemporaneamente a questo incendio nel tempio di Giove una statua d'oro, rappresentante Giove medesimo, lasciò cadere una mano che si sciolse e divenne liquida come acqua. Gli aruspici, ossia quelli che pretendevano di presagire l'avvenire considerando le viscere degli animali, e gli auguri, cioè quelli che pretendevano di sapere le cose dal volo degli uccelli e dal loro canto, ne furono spaventati. Costoro, che erano sacerdoti degli Dei, si presentarono dall' imperatore pregandolo a placare le loro divinità con sacrifizi e con aromi. Alessandro diede loro ampia facoltà di fare tutti quei sacrifizi che avessero giudicato a proposito. Ma mentre tali sacrifizi si facevano in giorno di giovedì, essendo sereno il cielo, cadde un fulmine dal cielo, che percosse quattro sacerdoti degli idoli, e ridusse in cenere l'altare di Giove.

Al medesimo istante si oscurò la luce del sole per modo che il popolo Romano per lo spavento cominciò a fuggire fuori della città. Mentre il popolo fuggiva così disperso, alcuni vennero al di là del Tevere vicino alla chiesa che S. Callisto avea fatto edificare alla Beata Vergine, dove solevano {15 [87]} radunarsi i cristiani. Colà in un'abitazione vicina udirono una moltitudine di fedeli, che cantavano lodi a Dio Creatore. Tra costoro eravi S. Callisto Papa col suo clero, che amministravano i Ss. Sacramenti, e spiegavano la parola di Dio al popolo ivi radunato. Fra i fuggitivi eravi un console di nome Palmazio, il quale udendo quella moltitudine di Cristiani a pregare e cantare, corse a darne avviso ad Alessandro.

Palmazio. Gran principe, tutto ansante disse, queste sciagure cadono sopra di noi, perchè la città è tutta in preda alle sordidezze. Se essa fosse purificata, noi avremmo a rallegrarci della gloria della vostra grandezza, e la repubblica tornerebbe in fiore.

Alessandro. Sia adunque la città purificata, ma come dovrebbe farsi questa purificazione?

Pal. Questa purificazione dovrebbe farsi colla cacciata di tutti i profani dalla città.

Aless. Chi sono quelli che tu chiami profani?

Pal. Questi profani sono quelli, che si chiamano cristiani.

Al. Ho già dato ordine una e più volte, {16 [88]} che dovunque si trovi di questa gente sia immediatamente obbligata a far sacrìfizii a' nostri Dei, altrimenti sia severamente punita.

Pal. Posso assicurarvi, o Principe, sull'onor del vostro trono, che io medesimo ho udite cose che certo si oppongono agli ordini vostri. Oggi stesso mentre pieno di tristezza per la sciagura che ci colpì nell'atto del sacrifizio, io era al dì là del Tevere, mi venne fatto di udire una moltitudine di cristiani che con inni ed incantesimi adoravano il loro Iddio. Onde non avvi a maravigliarci se siamo colpiti da continue sciagure.

Al. Io ti dò ampia facoltà di cercare da tutte parti i cristiani, e tutti quelli che troverai, li costringerai a fare sacrìfizii per placare i nostri Dei, che se taluno si rifiuterà, lo opprimerai con ogni genere di tormenti.




Capo V. S. Calipodio. - Soldati accecati. Sacrifizio a Mercurio e minaccia di morte a chi non interviene.



Palmazio fido agli ordini del sovrano, con tutta prestezza raccolse una gran quantità di soldati, e con essi, come se dovesse {17 [89]} marciare contro a formidabile esercito, venne al di là del Tevere, dove S. Callisto era con altri cristiani seco lui radunati. Fra costoro eravi un santo vecchio sacerdote, di nome Calipodio, che aveva consumata la sua vita in opere di carità e di religione. Fedele compagno di S. Callisto lo assisteva sempre anche nelle più difficili imprese. Più volte aveva affrontati i pericoli della morte; ma il Signore gli aveva differita la corona del martirio sino alla più tarda vecchiaia. Egli toccava l' età di circa novant'anni.

Quei soldati adunque giunti alla porta di quell' edifizio lo circondarono da tutte parli, e dieci de' più coraggiosi entrarono nell' abitazione. Appena entrati vennero colpiti dall'ira divina e rimasero tutti ciechi. Il venerando Calipodio, come vide quei soldati, andò loro coraggiosamente incontro e disse: miei figliuoli, chi cercate voi? Eglino ben lungi dal rispondere che erano venuti per catturarli cominciarono ad esclamare ad alta voce, dicendo: accendeteci un lume, perchè tutto sì oscurò in un momento, e più nulla vediamo. S. Calipodio, facendo vedere che era l'ira divina che si andava aggravando sopra di loro, rispose: {18 [90]} non è l'oscurità del luogo che vi impedisca la vista, ma è Dio onnipotente, quel Dio che vede tutte le cose, egli è che acciecò gli occhi vostri. Allora quei soldati non potendo più far nulla, nè sapendo più che dire, si volsero indietro, e tastone se ne ritornarono ai loro compagni. Palmazio, alla vista di quei soldati cosi divenuti ciechi, montò sulle furie, e sguainata la spada voleva entrare per farne vendetta; poichè pensava egli che tal cosa fosse avvenuta per mano dei cristiani. Ma quando dagli stessi soldati fu assicurato che niuno li aveva toccati, e che il Dio dei Cristiani era colui che li aveva ridotti a quello stato, ne fu spaventato; e temendo forse peggio per sè, reputò miglior partito fuggire co' suoi e riferire ogni cosa all'Imperatore. Quel principe da prima reputava un sogno quel singolare racconto, e volendo assicurarsi del fatto, diede ordine, che di quel giorno fossero condotti alla sua presenza i soldati che erano rimasti acciecati. L'infelice principe in vece di riconoscere l'onnipotenza di Dio, che solo può dare e togliere la vista agli uomini stimò essere ogni cosa avvenuta per arte magica. Onde quando ebbe udito bene ogni cosa si rivolse ai soldati e disse: ottimi {19 [91]} cittadini, vedete quale arte magica sanno esercitare i cristiani! Ma Palmazio aveva un cuore meglio disposto per la verità. Egli in questo fatto vedeva qualche cosa di più, che non era magìa, e già gli sembrava di ravvisare l'impotenza degli Dei e la virtù del Dio dei Cristiani che operava cose tanto maravigliose; perciò rispondendo all'Imperatore disse: se tal cosa è avvenuta per arte magica, io nol saprei, che se la cosa è tale, dove andò il valore de' nostri Dei. che nè possono fare nè impedire simili fatti? Il che vuol dire: se i Cristiani colla sola magìa fanno cose che i nostri Dei non possono nè fare nè impedire, è chiaro che i cristiani sono da più dei medesimi nostri Dei. Tuttavia Palmazio per secondare il volere dell'Imperatore soggiunse: dunque, o principe, io invoco la vostra grande pietà; comandate che siano portate vittime, affinchè si facciano immantinenti sacrifizi agli Dei, se mai si possa così impedire, che tutta la repubblica vada in rovina pegli incantesimi dei cristiani. Alessandro era incerto di ciò che dovesse fare. Ciò non pertanto temendo anch'egli che i cristiani potessero essere la cagione dei mali che opprimevano l'impero, pensò {20 [92]} d'invocare l'aiuto degli Dei facendo un sacrifizio a Mercurio che era una delle principali divinità dei gentili[2]. Ognuno doveva prendere parte a quel sacrifizio. Affinchè poi l'ordine venisse a notizia di tutti, l'Imperatore fece pubblicare un decreto in cui comandava, che gli abitanti di Roma dovessero recarsi tutti sul Campidoglio, e se qualcheduno in tal giorno, che era mercoledì, fosse trovato in casa, venisse senza riserva trucidato. Intanto un banditore era incaricato di percorrere le vie di Roma, dicendo: nel giorno di mercoledì ognuno senza dilazione si trovi col Principe al Campidoglio:pena la morte a chi non vi si troverà. A tale premuroso editto il popolo Romano corse affollato al Campidoglio. Palmazio fece eziandio intervenire tutta la sua famiglia menando egli pure seco tori e vitelli da offrire in sacrifizio. {21 [93]}




Capo VI. La Vergine Giuliana. - Palmazio va da S. Callisto - è istruito nella fede - riceve il battesimo con tutta la sua famiglia.



Mentre si facevano quei sacrifizi, cioè si uccidevano le pecore, i vitelli, i tori, se ne spargeva il sangue, ed i sacerdoti e le vergini destinate al servizio degli idoli a coro cantavano versi alle stupide divinità, avvenne un fatto veramente singolare. Tra le donne che erano mantenute nel tempio al servizio della dea Vesta, vi era una vergine di nome Giuliana. Nell' atto che si sacrificavano le vittime, costei fu assalita da una specie di furore, o da uno spirito maligno, e certamente senza sapere ciò che ella medesima proferisse, e noi diremo piuttosto, disponendo così Iddio, si pose a gridare: il Dio di Callisto è il Dio vivo. Egli è sdegnato per le sordidezze e le iniquità della vostra repubblica, egli disperderà questo vostro regno mortale perchè non adorate la verità.

Palmazio andava già da qualche tempo meditando la debolezza degli dei e la potenza del Dio dei cristiani. Udendo ora tali {22 [94]} parole, illuminato dalla grazia di Dio che si andava facendo strada nel suo cuore, sempre più andavasi persuadendo della ridicolaggine delle divinità e dei sacrifizi che loro si facevano. Onde spinto dalla bontà e dalla grazia di quel Dio che vuole la salvezza di tutti gli uomini, lascia ad altri la continuazione del sacrifizio, ed egli tutto solo corre al di là del Tevere, dove era S. Callisto. Entrato appena, si gettò ai piedi del Santo Pontefice, e coll'animo commosso sclamò: io ho conosciuto che Gesù Cristo è vero Dio; gli stessi demoni oggi l'hanno confessato. Io ti supplico e ti scongiuro per amore di questo Dio medesimo a volermi liberare dal culto dei demoni e delle pietre, ed amministrarmi quel battesimo che vai predicando.

Callisto forse credendo che Palmazio parlasse cosi per burla, disse: Io ti prego di non deridere la verità di nostra santa religione. Palmazio colle lagrime agli occhi rispose: Signore, io non burlo: perciocchè nel fatto dell'accecamento de' miei soldati e nella risposta della vergine Giuliana, io ho conosciuto che il tuo Gesù Cristo è il vero Dio.

Allora il vecchio Calipodio si volse a san Callisto, e gli disse: Beatissimo padre, non {23 [95]} voler negare il battesimo a costui, che di cuore lo desidera. Indi comandò a Palmazio che si preparasse a ricevere questo sacramento con un giorno di digiuno. Intanto si pose ad istruirlo nelle verità della fede. Quando fu abbastanza istrutto, S. Calipodio fece cavare acqua da un pozzo, che era in quella medesima casa, di poi la benedisse, come noi facciamo ancora oggidì, e ne riempì un vaso. Palmazio secondo gli ordini di S. Calipodio discese in quell'acqua, perciocchè l'uso di quei tempi era di amministrare il battesimo immergendo la creatura nell'acqua. Allora S. Callisto gli indirizzò queste parole: Credi in Dio Padre onnipotente creatore delle cose visibili ed invisibili?

Palmazio rispose: Io credo con tutto il cuore.

Callisto: Credi in Gesù Cristo suo figliuolo unico?

Palmazio: Lo credo pure con tutte le forze dell'anima mia.

Callisto: Credi nello Spirito Santo, la santa Chiesa Cattolica, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne?

A queste parole Palmazio profondamente commosso, rompendo in lagrime, esclamò {24 [96]} con gran voce: Si. Signore, io credo, e credo di tutto cuore, perchè ho veramente veduto il Signore nostro Gesù Cristo, vera luce, che mi ha illuminato. Allora gli fu amministrato il Battesimo.

Palmazio contento di aver conosciuta la verità, e di aver ricevuto il Battesimo, godendo in cuor suo come se avesse acquistato il più gran tesoro del mondo, non poteva contenere in sè la gioia. Corse a casa, partecipò ogni cosa alla sua famiglia, procurò che tutti fossero istruiti nella fede, e poco dopo l'intera famiglia di Palmazio, cioè sua moglie, i figli, i suoi servi in numero di 42 furono rigenerati nelle acque battesimali.

Nel giorno stesso che Palmazio ricevette il Battesimo cominciò a professarsi cristiano coi fatti. Distribuì egli ogni sua sostanza a' cristiani poveri, e poichè questi vivevano nascosti per motivo delle persecuzioni, egli li andava cercando nelle Catacombe, nelle cripte, e perfino nelle carceri, e dovunque sapeva esservi cristiani, egli trovava modo di penetrare per somministrare loro vitto e vestito secondo i varii bisogni. {25 [97]}




Capo VII. Carceri Mamertine. - Palmazio alla presenza dell'Imperatore - è consegnato a Simplicio Senatore, affinchè lo faccia prevaricare.



Erano trenta giorni da che Palmazio professava la religione cristiana, ed era tutto intento a far opere di carità, quando fu riferita all'Imperatore la conversione di lui. Alessandro comando, che fosse mosso in prigione, e venne infatti condotto nelle carceri Mamertine. Questo luogo è posto a' pie del Campidoglio dalla parte di levante, molto celebre perchè ivi i due Principi, degli Apostoli S. Pietro e S Paolo e molti altri martiri soffrirono lunghi patimenti per la fede. Onde Palmazio, ben lungi dal lasciarsi incuter paura per l'orrore di que' luoghi, sentivasi viepiù animato ad imitar quegl'eroi della fede.

Dopo alcuni giorni egli venne condotto in catene dinanzi ad Alessandro. L'Imperatore si rallegrò in vederlo, e comandò che gli fossero sciolti i ferri, di poi prese a parlargli cosi: Può darsi, o Palmazio, che tu sii divenuto così pazzo da abbandonare i nostri Dei per cercare ed adorare un uomo morto?

Palmazio stimò bene di non dare alcuna risposta; di che maravigliato l'Imperatore {26 [98]} soggiunse: parla pure, o Palmazio, non temere, e riponi in me tutta la fiducia. Palmazio allora cominciò a parlare così: se voi, o Principe, ci date licenza, noi esporremo la pura verità delle cose.

Alessandro: Parla pure, liberamente, purchè i tuoi discorsi non rechino ingiuria ai nostri Dei.

Palmazio: Buon principe, se voi ben ci riflettete, questi non sono Dei, ma sono opere degli uomini. Ora giudicate voi, se devono essere riconosciuti e venerati come dei quegli idoli, quelle statue, quelle immagini che si fanno dalle mani dei mortali. È vero che io sono un misero; tuttavia vi prego per lo splendore del vostro impero, che voi diciate a qualcuno de' vostri Dei che parli, o che dia una sola risposta alle dimande che sarò per fargli. Se ciò avverrà io non cercherò più d'abbandonare gli Dei di cui parlate.

Alessandro rimase imbrogliato. Il dire che gli Dei non erano capici di rispondere, era condannati; interrogandoli temeva, anzi era certo di non aver da loro alcuna risposta, quindi screditarli sempre più; perciò passando sopra alla dimanda fatta da Palmazio, si fece ad interrogarlo cosi: se tieni per nulla i nostri dei, perchè fin dalla culla {27 [99]} tu li hai sempre adorati, ed ora li vuoi abbandonare?

Palmazio rispose: feci questo come insensato; ora ho aperto gli occhi alla verità, e prego di tutto cuore il Signor Gesù Cristo, che mi perdoni i disordini della mia vita passata, perchè ho peccato per ignoranza.

Alessandro si accorse che più s'inoltrava nel discorso, più era incagliato a rispondere, perciò facendo una specie di sorriso quasi per dar compatimento alla franchezza di Palmazio, lo consegnò sull'istante ad un senatore di nome Simplicio. Prendi, gli disse nel consegnarlo, prendi quest' uomo e tienlo presso di te senza alcun timore, ma procura di fare la parte tua, e con discorsi lusinghieri e con promesse studia di richiamarlo a buoni sentimenti verso i nostri Dei; mi sta molto a cuore che costui ritorni ai pensieri di prima, perchè la sua scienza, il suo grado, il suo valore, lo rendono necessario alla repubblica.

Simplicio condusse Palmazio in sua casa, gli usò tutti i riguardi che si addicono ad un gran personaggio; lo vestì nobilmente, e per guadagnar meglio l'animo del suo ospite, comandò che i suoi servi, le sue sostanze, e tutte le sue ricchezze fossero {28 [100]} in piena padronanza di Palmazio. Ma egli aveva già conosciuta la vanità delle cose del mondo, perciò fermo nella fede, fece a Dio offerta di se medesimo, e ben lungi dal badare alle mollezze della vita, cominciò a digiunare, a pregare senza interruzione; e non cessava d'invocar la misericordia di Dio scongiurando Gesù Cristo a concedergli spazio di vera penitenza.




Capo VIII. Palmazio guarisce una paralitica. - S. Callisto istruisce e battezza Simplicio con tutta la sua famiglia - Parole di S. Calipodio.



Mentre Palmazio nella casa di Simplicio passava il suo tempo nelle preghiere e nel digiuno, Dio volle consolarlo con un miracolo e colla conversione di molti gentili. Un giorno venne a lui un certo Felice, che aveva la moglie, di nome Blanda, gravemente inferma. Tutte le cure dei medici non valsero a guarirla da una paralisia, che da quattro anni non l'aveva più lasciata muovere dal letto. Felice avendo udito a parlare dei molti miracoli che si operavano da chi invocava il nome di Gesù Cristo, si senti nascere in cuore viva desiderio {29 [101]} di farne prova per tentare la guarigione di sua moglie. Ondo pieno di fiducia andò a gettarsi ai pie di Palmazio, e disse: Glorioso confessore di Gesù Cristo, deh! prega per la sventurata mia moglie, ella è oppressa da mali atroci, prega che sia liberata dall'intensità de' suoi dolori; e ti prometto di farmi cristiano e ricevere con lei il battesimo. Noi siamo ambidue infelici; da lungo tempo ella giace paralitica, e le nostre sostanze sono consumate senza alcun frutto.

Palmazio animato da quella fede, di cui sono ripieni i santi, si prostrò a terra e colle lacrime agli occhi pregò cosi: Signore Iddio, che illuminasti il tuo servo Mosè, e ci hai dato Gesù Cristo, che è lume eterno, salva, ti prego. Blanda tua serva, recale qualche sollievo, e fa, che sorga dal letto del suo dolore: così tutti conosceranno, che tu sei il Dio Creatore di tutte le cose. Pregava ancora, quando odesi un romore, accompagnato da suono di voce. È Blanda, che da se stessa camminando correva alla casa di Simplicio. Ella entrava esclamando: Deh! Palmazio, degnati di battezzarmi in nome di Gesù Cristo, Signor nostro. Egli, sì, egli mi apparve, egli presemi {30 [102]} la mano, mi alzò dal letto, e mi ha intieramente guarita. Allora Felice commosso fino alle lacrime unì le sue preghiere a quelle della moglie, e chiese con istanza di essere battezzato.

In quello stato di cose Palmazio giudicò bene di mandar a chiamare S. Callisto, affinchè venisse ad istruire que' novelli convertiti come si conveniva, e loro amministrasse il battesimo. Simplicio colla sua moglie fu presente a quel miracolo, e andava meditando in cuor suo la potenza del nome di Gesù Cristo; quando poi san Callisto cominciò a profferire le parole, che sogliono accompagnare l'amministrazione del Sacramento del Battesimo, udivate colla massima attenzione, finchè commosso dai sentimenti espressi dalle cerimonie e dalle stesse parole, illuminato dalla grazia, si lasciò anch'egli cadere ai piedi di S. Callisto dicendo, che si degnasse di battezzare anche lui e tutta la sua famiglia. Allora S. Callisto disse parole d'incoraggiamento a tutti quelli che erano presenti; di poi alzando gli occhi al cielo, soggiunse: Vi ringrazio, pietoso Iddio, che vi degnate di accogliere queste anime ed annoverarle fra i vostri eletti, nella stessa {31 [103]} manieta che il grano disperso nei campi si raccoglie e si riporta nei granai. Prima però di amministrare il Battesimo, il Papa volle istruire nella fede Simplicio, la moglie, i loro figliuoli, e la famiglia: tra tutti in numero di settant'otto.

S. Calipodio che aveva pure avuto parte a quella sacra funzione, fu ripieno di tale contentezza, che nel trasporto di gioia si avanzò in mezzo all'adunanza esclamando: Gloria tibi, Domine. Sia gloria a te, Signor nostro Gesù Cristo, che ti sei degnato di condurre queste creature dalle tenebre dell'errore alla luce della verità, e liberarle dalla via di perdizione, compisci, o Signore, l'opera della tua misericordia, ed accresci le grazie e le benedizioni sopra i tuoi servi.




Capo IX. Ordino di persecuzione. - Martirio di S. Calipodio. - S. Callisto va a dimorare in casa di S. Poliziano. - Sepoltura e cimitero di S. Calipodio.



I miracoli e le conversioni, di cui abbiamo parlato, succedettero in breve spazio di tempo senza che l'Imperatore ne avesse notizia. Ma quando seppe che una moltitudine {32 [104]} di personaggi illustri specialmente per opera di S. Callisto avevano ricevuto il Battesimo, nè fu altamente sdegnato, e nel suo furore mandò molti soldati con ordine d'impadronirsi del S. Pontefice e di tutti quelli che erano con lui. L'ordine era espresso così: «quelli che si ravvederanno e riconosceranno per veri i nostri Dei, siano lasciati in libertà, altrimenti metteteli tutti a morte, e per incutere terrore, i loro corpi siano sospesi alle mura delle porte della città.»

Questo barbaro comando fu puntualmente eseguito. Quei soldati, divenuti carnefici, fecero orrido macello de' Cristiani, che con animo forte sostennero ogni genere di tormenti senza che alcun di loro desse il minimo segno di debolezza. S. Calipodio fu serbato l'ultimo, e gli fu troncata la testa. Il suo corpo venne strascinato per le vie di Roma, e finalmente gettato nel Tevere in faccia ad un'isoletta detta Licaonia. Quest'isola dicevasi anche Tiberina, ed ora è detta di S. Bartolomeo a motivo di una chiesa ivi eretta e dedicata a questo santo Apostolo. Il glorioso martirio di S. Calipodio e de' suoi compagni avvenne il giorno 1º di maggio dell'anno 226. {33 [105]}

Infierendo in simile guisa la persecuzione contro ai Cristiani, S. Callisto stimò bene di nascondersi per potere con qualche sicurezza provveder ai bisogni della Chiesa. Egli si ritirò notte tempo in casa di certo Poliziano che era fervoroso fedele. Condusse con lui dieci sacerdoti perchè, lo aiutassero nei varii bisogni, che in quei calamitosi momenti occorrevano per la religione. Una cosa addolorava profondamente il cuore di Callisto, ed era il modo indegno con cui era stato strascinato ed insultato il venerando cadavere di S. Calipodio, verso di cui egli aveva nutrito grande affetto. Stavagli pertanto molto a cuore di dargli conveniente sepoltura. A tal fine pregò alcuni pescatori, che si adoperassero per trovarlo fra la corrente del Tevere. Quegli uomini, assai pratici della pesca, si diedero con sollecitudine a cercare la salma del Santo fra quelle acque, ed in breve riuscirono a trovarlo. Trattolo fuori del fiume ne portarono con premura la notizia al Pontefice. Egli ne provò grande consolazione, e fatto prendere il venerando corpo, ordinò che fosse unto di aromi, ed avvolto con lenzuoli. Quindi cantando inni funebri lo portarono a seppellire nel cimitero detto di S. Calipodio. {34 [106]}

Se a te, o lettore, accadesse di andare a Roma, troverai a ponente di quella gran città una porta detta anticamente porta Aurelia, ed ora appellata di S. Pancrazio. In distanza di tre miglia da questa porta incontri la famosa basilica di S. Pancrazio martire. Se ti arresti un momento sulla piazza di questa chiesa vedrai nel lato sinistro di essa la seguente iscrizione: Coemeterium S. Calipodii praesbyteri et Martyris. Vale a dire: Cimitero o Catacomba di S. Calipodio Sacerdote e Martire. Questo cimitero fu detto di S. Calipodio, perchè questo Santo lo fece ristorare ed ingrandire a sue spese, ed egli stesso fu ivi sepolto, anzi credesi che egli sia stato il primo ad aver ivi sepoltura.

Fra le cose, che si ammirano in questo cimitero, sono alcune correnti d'acqua cristallina. che tratto tratto lo traversano. Quest'acqua serviva un tempo a dissetare i confessori della fede che ivi rifuggivansi in tempo delle persecuzioni, ed anche per battezzare quelli che venivano al Vangelo. Il corpo di S. Calipodio fu più tardi tolto da questo cimitero e trasportato nella chiesa di S. Maria in Transtevere, ove tuttora si venera (Vedi Arringo, Roma subterranea Niby, Roma Moderna). {35 [107]}




Capo X. S. Callisto in prigione. Suoi patimenti. - Dio lo conforta con una visione. Guarisce miracolosamente un soldato. È gettato in un pozzo. Sua sepoltura. Chiesa di S. Callisto.



L'imperatore Alessandro non poteva darsi pace, che colle minaccie e coi tormenti non potesse impedire i gentili dal farsi cristiani. Quando poi seppe che Callisto era il Capo dei Cristiani e che per opera di lui molti venivano alla fede, ed erano da lui incoraggiti a rimanervi costanti, pensò di guadagnar molto mettendolo a morte. Lo fece ricercare da tutte parti, e saputo che dimorava in Transtevere nella casa di Poliziano, mandò segretamente chi lo prendesse e lo mettesse in prigione. «Sia preso, egli diceva, legato con catene in quel medesimo luogo, e colà si lasci morir di fame.» Gli ordini dell'Imperatore sono eseguiti; Callisto e tra le catene, e sono già scorsi cinque giorni dacchè gli è negata ogni sorta di alimento. Ma l'uomo non vive soltanto di pane: la parola di Dio e la sua santa grazia sono conforti che non vengono meno al cristiano; onde Callisto pascolando l'animo delle verità della fede si diede vie {36 [108]} piu con fervore a pregare. Alessandro avendo saputo che Callisto invece di spaventarsi diveniva più coraggioso, anzi negli stessi tormenti trovava le sue delizie, diede ordine che ogni giorno fosse battuto con verghe, e che se qualcheduno avesse osato recarsi da lui per fargli visita, venisse immediatamente messo a morte. Ma le forze dell' uomo sono finite, e il Santo Pontefice, sia per la privazione dei cibi e per lo squallore delle carceri, sia pei tormenti, era ridotto presso che all'estremo della vita. Ma quanto è mai pietoso Iddio verso coloro, che lo amano e ripongono in lui confidenza! Egli volle consolare il suo servo fedele con una visione. Gli apparve notte tempo il suo amato discepolo S. Calipodio dicendo: Padre Santo, fatevi coraggio, la vostra corona è compiuta, è giunto il tempo che riceviate la mercede del bene che avete fatto. Conobbe da tale visione S. Callisto, che i suoi tormenti dovevano presto aver termine colla corona del martirio. Perciò non cessava di pregare e d'invocare l'aiuto di Dio affine di poter perseverare nei patimenti fino all'ultimo respiro. Tra i custodi delle carceri eravi un soldato {37 [109]} di nome Privato, il quale era pieno di ammirazione per la santità, le lunghe preghiere e la pazienza del Santo Pontefice. Egli era da lungo tempo travagliato da ulceri, che gli cagionavano giorno è notte acutissimi dolori. Pieno di fiducia nella virtù del Santo, andò a prostrarsegli a' piedi, invocando il suo aiuto: o Padre, diceva, liberatemi da queste dolorose piaghe, io credo che Gesù Cristo è Dio vivo e vero, io credo che egli ha liberato Blanda dalla lunga sua infermità, io credo che egli mi può salvare, e può liberarmi dai gravi mali da cui sono da tanto tempo travagliato, e pressochè consunto.

S. Callisto rispose: se tu crederai con tutto il cuore e riceverai il Battesimo in nome della SS. Trinità, sarai mondato dalle tue piaghe. Privato rispose: io credo che il Signore Gesù Cristo mi può salvare col Battesimo, credo che ciò si farà per tua mano, credo che in quel momento sarò liberato da tutte le mie piaghe, da tutti gli altri malori da cui sono travagliato.

S. Callisto ammirò la viva fede di questo soldato simile a quella che aveva il Centurione che andò a pregare Gesù Cristo affinchè andasse a far guarire suo figlio. {38 [110]} Volle però che prima fosse sufficientemente instruito nella fede e poi gli amministrò il Battesimo. In quell'istante medesimo scomparvero le piaghe dal corpo cosicchè mentre la grazia di Dio gli guariva le piaghe dell'anima per doppio miracolo gli dava eziandio la sanità corporale. Privato vedendosi così prodigiosamente guarito non poteva in sè ritenere la gioia, e andava ad alta voce cantando lodi a Dio dicendo: Quel Dio, che predica Callisto, egli è il vero Dio, il Dio Santo, il Signor nostro Gesù Cristo. Ma tutti gli Idoli sono vani e muti e dovranno essere ridotti in polvere. Solo Iddio è eterno, come eterno è il Signor nostro Gesù Cristo.

Tali cose irritarono sempre più Alessandro e nel suo furore mandò alcuni soldati che mettessero a morte Privato a colpi di bastone, Callisto poi fosse precipitato dalla finestra della casa, quindi con un sasso al collo venisse sommerso in un pozzo. I quali ordini vennero con prontezza e con grande rigore eseguiti. Per impedire poi che niuno potesse portargli soccorso e nemmeno dar sepoltura al suo cadavere, fece riempire il pozzo con un mucchio di pietre. Così S. Callisto coronava il suo Pontificato {39 [111]} con un martirio simile a quello del diacono S. Stefano, il quale dopo aver tollerato fatiche, persecuzioni e tormenti di ogni genere finiva coll'essere lapidato. Questo martirio compievasi il 14 di ottobre, l'anno 226, dopo aver governato la Chiesa cinque anni, un mese e dodici giorni. Egli tenne pure più volte la sacra ordinazione nel mese di dicembre in cui ordinò sedici Sacerdoti, quattro Diaconi, otto Vescovi, che inviò in diversi luoghi. Quindici giorni dopo il martirio, un sacerdote, di nome Asterio, non curandosi dei pericoli a cui si esponeva, di notte tempo venne col clero, scoprì il corpo del Santo Papa, e lo portò divotamente ad essere seppellito nel cimitero di S. Calipodio vicino al corpo di questo Santo Martire. Pochi giorni dopo Alessandro per punire Asterio del suo coraggio, lo fece prendere e condur sopra di un ponte da cui fu precipitato nel Tevere.

La casa di S. Poliziano, dove S. Callisto patì il martirio, era a poca distanza da S. Maria in Transtevere. Ivi fu edificata una basilica detta di S. Callisto, nel mezzo della quale si mostra ancora il pozzo in cui questo Santo fu sommerso con un sasso al collo. L'anno 740 questa basilica {40 [112]} essendo quasi rovinata fu ricostrutta dal Pontefice Gregorio terzo. V. Anastasio nella vita di lui. Questa chiesa conservasi tuttora nel suo splendore e per antichità e per ornamento. Attualmente è posta sotto la cura dei monaci Benedettini. V.Niby: Roma moderna.




Capo XI. Culto e reliquie di S. Callisto.



Morto S. Callisto, il suo corpo, come abbiam detto, fu onorevolmente seppellito da S. Asterio nel cimiterio di Calipodio. Fin dal tempo che soffrì il martirio cominciò ad esservi gran concorso di fedeli alla sua tomba, ad essere invocato il suo patrocinio, onorata la sua memoria, e molti miracoli si operarono a favore de' suoi divoti. Dal cimiterio di S. Calipodio venne di poi trasportato a S. Maria in Transtevere da Gregorio terzo. Questo pontefice, nel tempo trascorso tra l'anno 731 e 742, riedificò quasi dalle fondamenta la chiesa suddetta. Nel fare questo trasporto dieci piccoli ossi del Santo furono regalati ad un Romano di nome Sabatino, che li portò nella parte orientale della Francia, e li donò ad un santo uomo di nome Rabano, Abate in un {41 [113]} monastero di Ful. Egli ripose tali reliquie parte in una chiesa dedicata a S. Bonifacio e parte in un monastero di Benedettini.

Di alcune reliquie di S. Callisto fu anche arricchito quasi nello stesso tempo il monastero di Cisonio. siccome di qui a poco racconteremo. La qual cosa avvenne per opera di un principe di nome Everardo, che aveva fatto fabbricare un monastero in quella città ed aveva ottenute alcune reliquie di S. Callisto.

Le reliquie di questo Sommo Pontefice sono sempre state tenute in gran venerazione in tutta l'antichità ed i fedeli cristiani andarono sempre a gara per possederne anche in piccola parte. Si conservano delle reliquie di S. Callisto in molti luoghi: cioè nella chiesa di S. Sebastiano presso Roma, il capo. Si conservano alcune parti di braccio nell'oratorio di san Grisogono, in S. Agnese, a S. Maria in Cosmedin, nella chiesa di S. Tomaso da Parione, nella chiesa de' Ss. Sergio e Bacco presso l'arco di Settimio; frammenti di ossi a S. Paolo, nella chiesa di S. Cecilia ed Araceli, in S. Anastasio, in S. Simone del Ponte, in S. Trifone, in S. Maria della Cuppella, sotto l'altare di S. Matteo in Merolana, in san {42 [114]} Nicolò de' funarii, di S. Salvatore, di S. Maria del popolo, di S. Paolo presso la colonna Antonina, di S. Eustachio[3].

Riguardo alle reliquie di S. Callisto conservate nella Germania si possono aggiungere ancora altre che da Crumlovio città della Boemia furono portate nell' Austria {43 [115]} e riposte onorevolmente nella cappella imperiale di Lincio, intorno alle quali si trova questa lettera del P. Gamansio. «Circa lo stesso tempo, leggesi in essa, alcune parti del corpo del B. Callisto Martire e Pontefice, furono preservate dalle ingiurie degli eretici, ecollocate onorevolissimamente nella sacra imperiale cella di Lincio. L'Imperatrice Anna (moglie dell' imperator Mattia) regina religiosissima, riposte le reliquie del B. Callisto nella cappella della fortezza Cromloviense, avendole conservate in una tomba di marmo, temeva che i Roseensi, o capi eretici padroni di quella fortezza, le avessero profanate, come avevano profanata la cappella: per la quale cosa ottenne dall'imperatore Mattia suo marito, che comandasse di trasferirle da Cromlovio a Lincio. L'Imperatore adunque destina a ciò un sacerdote, il quale prima esplorata diligentemente ogni cosa portò le sante ossa a Lincio. Fu fatto accurato esame sulla integrità del marmo. della cassa e delle ossa, se mai gli eretici le avessero toccate, ma fu trovato veramente intatto il marmo e tanto più le cose che eranvi dentro.

Stando già il sacerdote per portare i sacri pegni del beato Martire nella corte Cesarea, l'Imperatrice con gran fede viene {44 [116]} incontro, e santamente venerandoli, prega il soldato di Cristo di venir propizio all'Imperatore suo marito che era travagliato dalla podagra: quindi si affretta per andare dall'Imperatore medesimo, per annunziargli l'arrivo felice di Ospite tanto desiderato: comanda anche all'infermo Imperatore di chiedere e sperare da quello ogni prosperità. Le speranze non furono deluse, imperocchè appena ebbe piamente fatto volo a S. Callisto, subito parti ogni dolore, sicchè il giorno dopo, pieno di venerazione e sano, potè essere presente, mentre le sacre spoglie venivano poste in una cassa più bella. Allo stesso Martire aveva conciliata molta venerazione ed autorità l'improvvisa guarigione del nostro sacerdote di febbre maligna. Essendo da quella oppresso, si sarebbe scusato per motivo di salute coll'Imperatore che lo mandava a portare le reliquie, se il prossimo trasporto di quel sacro peso non gli avesse data certa speranza di salute. La qual salute il Santo Martire gli restituì mentre ne cavava le ossa dal sepolcro, prima ancora che lo portasse. V. Boll. 14 octob.[4]. {45 [117]}




Capo XII. Atti della traslazione dall'Italia a Cisonio: dal MS. di Giovanni Buzelino. V. Boll. 14 ottobre.



Se io volessi fare una compiuta raccolta dei fatti prodigiosi e delle grazie ottenute ad intercessione di S. Callisto, dovrei farne troppo grossi volumi. Mi limito solamente a riferirne alcuni, e questi li ricavo letteralmente dagli atti della traslazione di una parte del corpo del Santo da Roma a Cisonio. Questi atti ovvero questa relazione fu scritta da autore contemporaneo, e chi volesse consultare l'originale potrebbe leggerlo nei Bollandisti giorno 14 di ottobre. Eccone l'estratto.

«Molti secoli dopo il martirio di S. Callisto e de' suoi compagni, Notingo Vescovo di Brescia, città della Lombardia, spinto da divino amore andò a Roma, per ottenere dal Papa il corpo di qualche martire, e collocarlo in un monastero che stava preparando in un suo podere. L'uomo di Dio avendo esposto il suo desiderio a Papa {46 [118]} Sergio II che allora (847) governava la Santa Romana Chiesa, ottenne ciò che dimandava. Il Papa aperse il cimitero di S. Calipodio, dove sapeva esser sepolto S. Callisto, tolse e consegnò una parte delle venerande spoglie al Vescovo Notingo. Questo uomo di Dio, ripieno di gaudio partì da Roma. E perchè il luogo in cui voleva deporre le sante reliquie era soltanto terminato per metà, credette bene riporle qualche tempo nel monastero detto Cella d'oro, di cui egli era direttore spirituale, e dove il sacro coro de' monaci giorno e notte vegliavano in orazione. Ivi la santità di Callisto cominciò a risplendere con miracoli luminosissimi. Quando poi Notingo ebbe compiuto il monastero vennero dalle città vicine molti sacerdoti, diaconi e gran folla di popolo festeggiante per andare incontro ed ossequiare un tanto patrono. Elevando pertanto l'urna più in alto del luogo in cui giaceva, la portarono fino all'atrio della chiesa. Colà deposero il feretro delle venerande reliquie.

Ivi fu fatta orazione e impartita al popolo la benedizione; ma quando i sacerdoti presero il sacro deposito, in nessuna maniera poterono elevarlo da terra. Essendosi {47 [119]} a ciò impiegati altri e poi altri diaconi e sacerdoti per trasportarlo, lo Spirito Santo lo aggravò di tanto peso, che il corpo del servo di Dio rimase immobile. I portatori e tutta la circostante moltitudine di popolo erano pieni di stupore, e non sapevano che fare, quando un prete togliendo la cassa la riportò nella chiesa come se non ne avesse sentito verun peso, e la depose nel luogo di prima. Vedendo tutto il popolo il miracolo operatosi, temettero e glorificarono Iddio, che è mirabile ne' suoi santi, e misericordioso co' suoi servi.

In quel tempo il principe Everardo, di cui abbiamo parlato, avendo saputo quanto era avvenuto riguardo a S. Callisto, chiese al vescovo Notingo di avere e trasportare le reliquie di S. Callisto in un monastero che esso aveva bellamente costrutto in Cisonio, paese vicino alla città di Fornaco. Quell'uomo di Dio, avuto prima il consenso della Sede Romana, appagò il Duca nella sua domanda. Allora Everardo pieno di gaudio rese grazie a Dio, e preparata ogni cosa che pareva atta ad affare di tanta importanza, servendosi dei sacerdoti, diaconi, e di tutto il clero accompagnato dalla moltitudine dei fedeli, sollecitava il {48 [120]} trasporto di tali reliquie. Detta l'orazioni;, quando tutti ad una voce ebbero risposto: Amen: lo sollevarono come aggravati da nessun peso, e cantando inni e lodi, lo portarono di nuovo fino all'atrio della chiesa. Datasi colà la benedizione a coloro che dovevano portarlo, se ne partirono.

Percorsi diversi luoghi pervennero ad una città, detta S. Quintino, che trovasi nelle parti orientali della Francia. Eravi quivi una donna cieca dalla nascita, la quale avendo sentito a dire che le reliquie di S. Callisto stavano per passare presso a quel luogo, fattasi condurre da un servo, seguì il viaggio del Santo. Intanto i portatori giunti ad un luogo, che chiamasi Selva dell'Aquila, trovarono conveniente passare ivi la notte, e lo deposero nella chiesa. Fu quivi annunziato che alcuni fratelli, essendo fra loro in discordia per l'eredità, cercavano la morte l'uno dell'altro. Condotti a quella chiesa, per via si mostravano vie più accesi d'iniqui pensieri, d'ira ed invidia come Caino fratricida: ma essendosi fermati alla presenza del martire, un timore divino cosi li sorprese che si prostrarono col volto a terra chiedendo perdono de' loro falli. Allora tutti resero grazie {49 [121]} a Dio, che salva tutti e vuole che niuno perisca. Da quel giorno in poi quei fratelli cominciarono a vivere insieme concordemente. In testimonianza di questo miracolo gli abitanti di quel paese piantarono una croce in quello stesso luogo ove il santo aveva riposato, la quale rimane ancora oggidì nel medesimo luogo.

Intanto la donna cieca, tenendo dietro al santo, nel giorno seguente pervenne a quel luogo; e udendo che le venerande reliquie avevano quivi riposato e che un miracolo vi era stato operato, andò a toccare e baciare la croce del Signore, e ciò facendo si addormentò. Quando poi si svegliò, aprì gli occhi e chiaramente vide tutte le cose come se mai non avesse patito alcuna sorte di cecità. La fortunata donna, lieta oltre ogni credere di essere così miracolosamente guarita, accelerò il passo per giungere presto al luogo stabilito per dimora permanente di quel sacro deposito. Appena giunta, in segno di gratitudine dedicò il suo servo e se stessa al servizio della chiesa del nostro Santo. Quando poi i portatori delle sante membra accompagnati da tali miracoli giunsero a Cisonio, sorse tutto il clero e tutto il popolo {50 [122]} dei luoghi vicini, e andavano incontro al Santo, e genuflessi benedicevano Iddio, e invocavano la sua misericordia.

Allora tutti concordemente con armoniosi canti ed inni accompagnarono le ceneri del Santo Martire al sito destinato, e i portatori lo collocarono in una tomba preparata, dove per divina potenza operò molti miracoli come noi narreremo. Questi accaddero nell'anno del Signore 854. Dopochè i popoli vicini conobbero che era venuto il santo martire Callisto in quelle loro parti, e udirono i miracoli che il Signore per mezzo di lui aveva operato per via, gli infermi di ogni genere a caterve presero a visitare il luogo dove riposava, affinchè pei meriti ed intercessione del Santo fossero liberati dai loro mali, e resa ai corpi la sanità li rendesse più forti nel servizio del Signore, Una notte finito il mattutino ed usciti tutti dalla chiesa, quegli infermi si diedero al sonno. Ma uno di quei miseri, privo della vista, rimase avanti alla porta della chiesa. Questi stava colà da qualche tempo ed era già noto a tutti fin dall'infanzia. Costui nell'animo suo deplorava la miseria della sua cecità, e chiedeva a Dio rimedio pei meriti di S. Callisto martire; finchè sul {51 [123]} fare dell'aurora egli pure si addormentò. Mentre dormiva gli apparve un personaggio vecchio con abito candido come la neve, che con voce soave chiamandolo gli disse: o Malaldo (così chiamavasi quel cieco), perchè tanto tempo te ne giaci? alzati, non mettere indugio, entra nella chiesa, e rendi grazie a Dio. Svegliatosi dal sonno, vide tutte le cose chiaramente, e correndo fino alla porta della chiesa, con ripetuti colpi si diede a bussare affinchè gli fosse aperta. I custodi della chiesa svegliati dalle sue grida vennero, aprirono le porte e trovarono che aveva acquistato vista perfetta colui, che da tanto tempo vedevano cieco. Allora pieni di allegrezza insieme con lui lodavano il Signore che regna nell'alto de' cieli. Nello stesso tempo accadde anche un altro miracolo, che non deve essere taciuto. La chiesa che quivi era stata fabbricata, prima che vi fosse portato quel sacro pegno, era troppo piccola, e perciò Everardo desiderava che fosse demolita e ne fosse costrutta un'altra più grande e più maestosa. Mentre gli operai lavoravano intorno alle vecchie mura per farle cadere, all'improvviso una parte di muro sul quale sedeva un lavorante, con gran fracasso {52 [124]} cadde, e lo coprì con enorme quantità di pietre e di cemento. Tal fatto cagionò tristezza nel cuore di tutti, sicchè ognuno pieno di dolore e di amarezza si diede con stanghe e pertiche a togliere in fretta qua e là i frantumi che gli erano caduti sopra. Finalmente giunsero a scoprire il corpo del misero, che credevano schiacciato e morto. Ma eccolo con lento sforzo levarsi su, stare alquanto in piedi, solamente addolorato nel capo, come se fosse stato percosso: poco dopo riprese le forze e ritornò a lavorare come se non avesse mai sentito lesione alcuna. E questo miracolo fu cagione di salvezza a molti, perciocchè vedendo la potenza di Dio a ridonare la sanità a' suoi servi per intercessione del Santo Martire, si diedero ad invocarlo con maggior fiducia ne' varii loro bisogni. Fuvvi pure un fanciullo chiamato Engelburgo nato da ricchi e nobili genitori. Dopo un'infermità, cominciando quel ragazzo a stare alquanto meglio, ricuperò bensì la salute, ma rimase attratto di corpo. Pel che i suoi genitori pieni di tristezza si dolevano che il figliuolo fosse stato liberato dall'infermità, mentre dovevano sopportarlo senza che potesse servirsi de' suoi membri. Essendo già {53 [125]} trascorsi alcuni anni, e disperando ognuno di ritrovare medicina pel figlio, venne loro in mente di condurlo alla chiesa del Santo affine dì pregarlo ed offerirgli regali e doni. Il che avendo fatto, ritornarono a casa. Due giorni dopo il ritorno, il figlio venne lietamente alla loro presenza libero da ogni magagna, e saltando e camminando con passi fermi e perfetti. I buoni genitori pieni di gaudio indicibile, con maggior copia di doni, ricondussero il loro figliuolo al Signore e a S. Callisto che lo aveva guarito, e stabilirono che ogni anno andasse ad offerire doni e preghiere al Signore e al santo martire Callisto.

Nello stesso tempo un altro fanciullo sordo e muto fin dall'infanzia ricevette per intercessione di lui l'udito e la loquela. Nel giorno dell'Ascensione del Signore, mentre tutti assistevano alla santa Messa, una donna alla vista di tutti fu guarita da paralisia. Era pure in questo monastero un servo di Dio chiamato Emmo, che dalla nascita aveva bensì avuto gli occhi aperti, ma era privo della vista. II povero Emmo pregava continuamente il Signore affinchè si degnasse di guarirlo dalla sua cecità pei meriti di S. Callisto. {54 [126]} Finalmente Iddio ascoltò le sue preghiere e gli ridono perfettamente la vista, come se prima non mai avesse avuto negli occhi la caligine delle tenebre. Questo cieco ancor oggidì, fedelmente servendo nello stesso monastero, non cessa di predicare a tutti i benefizi del Signore e del suo martire S. Callisto, che gli ottenne da Dio la vista. Narrando noi qui soli pochi miracoli, non ne scriviamo di più non perchè non ne sappiamo ancora molti altri degni di memoria, ma per togliere la noia ai lettori che desiderano di sapere le cose in breve discorso.» Fin qui gli atti del Buzzelini.




Capo XIII. Chiesa di S. Maria in Trastevere.



Oltre a quanto fu detto di questa chiesa giudichiamo bene di aggiungere ancora alcune cose che servono come di documento a provare quanto abbiamo esposto nella vita di S. Callisto. Questo edifizio, che credesi il primo innalzato pubblicamente in Roma alla Madre di Dio, fu costrutto al di là del Tevere alle radici del monte Gianicolo sopra un ospizio detto anticamente Taberna meritoria. Chiamavasi cosi questo {55 [127]} luogo perchè ivi erano albergati que' militari che benemeriti della patria non potevano più sostenere le fatiche della milizia. In questo ospizio nell'anno di Roma 753, alla nascita del Redentore scaturì una fonte di olio, che per tutta una giornata prosegui a scorrere verso il Tevere, come narra Eusebio di Cesarea.

La medesima cosa confermano antichi ed accreditati autori. Eutropio riferisce il fatto con queste parole: In questi giorni di là del Tevere dalla Taverna meritoria uscì fuori un fonte d'olio che per tutto un giorno corse con un larghissimo ruscello, significando la grazia di G. Cristo che doveva comunicarsi alle genti. V. Nibi: Roma moderna delle Chiese.

Altro famoso scrittore di nome Orosio ne favella più lungamente dicendo: «Sotto al regno di Cesare Augusto un fonte larghissimo d'olio dalla Taverna meritoria scorse per tutto un giorno. Con questo segno si veniva con evidenza a manifestare il futuro nascimento di Cristo, che doveva nascere nel tempo di quel Cesare che aveva il dominio di tutto il mondo. Perciocchè G. C. nella lingua del paese ove nacque si interpreta Unto. Onde quando {56 [128]} a Cesare fu decretata la perpetua podestà tribunizia, per un giorno intiero corse in Roma un fonte di olio, che fu segno evidentissimo in terra per quelli che non intendevano le profezie, che per tutto un giorno, cioè per tutto il tempo del Romano impero l'Unto, cioè Cristo e da lui gli Unti, cioè i cristiani, sarebbero abbondantemente e senza mai cessare usciti dalla Taverna meritoria, cioè dal largo ed ospitale seno della santa Chiesa. V. Orosio storia contro i Pagani l. 6.

A cagione adunque di questa credenza S. Callisto circa l'anno 224 ottenne dall'Imperatore Alessandro Severo di poter ivi fabbricare una piccola chiesa che dedicò al Parto di Maria Vergine. A questa chiesa fu per qualche tempo gran concorso di gente, ma infierendo di nuovo la persecuzione essa venne abbandonata e in gran parte distrutta. S. Giulio I la fece quasi intieramente rifare nell' anno 340. Molti altri pontefici la fecero di tempo in tempo ristorare, ingrandire ed ornare con pitture. Gregorio IV nell'anno 828 alzò un monastero vicino a questa chiesa, e fece trasportare presso all'altare i corpi de' santi Callisto, Cornelio, e Calipodio, che prima {57 [129]} giacevano in mezzo della chiesa in un luogo poco decoroso. V. Anast. in vita Greg. IV. Questa chiesa nell'esteriore ha un portico con cinque ingressi muniti di cancelli di ferro ed ornati di quattro colonne di marmo sopra cui si vedono quattro statue rappresentanti S. Callisto, S. Cornelio, S. Giulio, S. Quirino, tutti lavori di valenti artefici. La maggiore di queste porTe in tempo di giubileo serve di porta Santa, quando la Basilica dì S. Paolo è altrimenti occupata. Dicesi porta Santa quella che si apre al principio dell'anno Santo ovvero del giubileo, e si chiude al terminare del medesimo per non più aprirsi fino ad un altro giubileo.




Capo XIV. Parte interiore di questa Chiesa.



La parte interiore di questa Chiesa apresi in tre navate assai spaziose fatte a volta. Sulla parete della porta grande leggonsi questi versi:

Dum tenet emeritus miles sum magna taberna;

Sed dum Virgo tenet me, maior nuncupor et sum

Tunc oleum fluo, signans magnificam pietatem

Christi nascentis, nunc trado petentibus ipsam. {58 [130]}

Le quali parole si possono tradurre cosi: mentre io era occupata dai benemeriti soldati era detta grande taverna, ma ora che son fatta abitazione della Santa Vergine di vento e sono assai maggiore. Allorchè feci scorrere l'olio prodigioso figurava la grande pietà di Cristo che nasceva, ora impartisco questa medesima pietà a chi la domanda.

Nel centro della navata maggiore sta collocato l'altar papale sostenuto da quattro colonne di marmo prezioso detto porfido. Questo altare dicesi papale perchè solamente il papa può sopra di esso celebrare la santa Messa. Affinchè altri possa ivi celebrare ci va un permesso speciale del Sommo Pontefice. La messa che dicesi a questo altare è privilegiata, vale a dire tanto chi la dice quanto chi l'ascolta può guadagnare indulgenza plenaria. In questo altare il celebrante non si volta mai verso il popolo; perciò quando dice: Dominus vobiscum, sta colla faccia rivolta verso all'altare medesimo. Sotto a questo altare riposano i corpi de martiri sopra nominati. A man diritta di questo altare avvi un arco su cui è scritto: fons olei, fonte d'olio. Le quali parole ricordano essere quello il luogo preciso in cui avvenne il prodigio dell'olio. {59 [131]}

Di faccia all'altare stesso avvi un prezioso dipinto rappresentante la santa Vergine, sotto a cui è scritto: Respice compunctos animos miserata tuorum. Vale a dire: rimira, o madre pietosa, i figli tuoi che pentiti dei loro falli si prostrano a piedi tuoi invocando la tua pietà.

Da canto alla tribuna avvi la cappella del SS. Sacramento ricca di molti preziosi dipinti. Qui si venera una prodigiosa e antica immagine di Maria SS., delta della Clemenza. La S. Vergine ha tra le braccia il Bambino, con due angioli uno per parte, ed ai piedi le sta S. Callisto papa in atto di venerazione. A questa immagine avvi gran frequenza di fedeli, e si raccontano molte grazie ottenute da' divoti che ne' loro bisogni vennero ad implorare l' aiuto del cielo all'altare della Vergine della Clemenza. Non si sa chi sia l'autore di queste immagini, ma è un lavoro antichissimo e prezioso assai. Per rispetto si tiene sempre coperta ad eccezione dei volti delle figure che si lasciano esposte alla venerazione del popolo nelle grandi solennità. Vi è però un quadro che rappresenta il medesimo soggetto e che serve come coperta alla vergine della Clemenza. {60 [132]}

A poca distanza da questa prodigiosa immagine nella parete sta chiusa quella pietra che fu appesa al collo di S. Callisto allorchè dai pagani fu sommerso ed annegato nel pozzo. Vi sono molte altre iscrizioni e preziosi dipinti, i quali tendono tutti a dimostrare l'antichità di questa chiesa e la grande venerazione che fin dai tempi antichissimi hanno sempre avuto i cristiani verso la Gran Madre di Dio.

Cristiano, che leggi le azioni dei martiri e la venerazione che in ogni tempo si ebbe verso la Gran Madre di Dio, vieni meco e facciamo insieme un'importante riflessione. Quel Dio creatore pel cui amore i martiri spargevano il loro sangue, è pure nostro Dio creatore. E perchè non dobbiamo noi essere pronti ad amarlo e servirlo come quelli hanno fatto? È vero che ai tempi nostri non abbiamo occasione di sostenere i patimenti dei martiri, perchè viviamo in paesi, in cui possiamo tranquillamente praticare la nostra religione, ma non mancano nemici che per noi sono veri carnefici. Le passioni, le lusinghe del mondo, il rispetto umano sono formidabili nemici centro a cui noi dobbiamo continuamente combattere. {61 [133]}

Che se la nostra debolezza ci espone a frequenti pericoli di rimaner vinti, noi dobbiamo seguire l'esempio de' nostri maggiori e ricorrere a Colei the è l'aiuto dei cristiani, il conforto dei deboli, il sollievo degli afflitti, il conforto dei tribolati, la Madre di Dio, la grande Vergine Maria.

Ricorriamo noi pure a Lei, ma ricorriamo con perseveranza e con fiducia figliale, ed Ella qual madre pietosa rinnoverà in noi le maraviglie dei tempi passati. Ella ci aiuterà nei bisogni temporali ed assai più nei bisogni spirituali. Ella ci aiuterà nei pericoli della vita presente, ci assisterà nel maggiore di tutti i pericoli in punto di morte. Riforniamo con perseveranza e con fede e Maria sarà per noi quella misteriosa scala di Giacobbe per cui dall' esilio di questo mondo potremo con sicurezza salire al cielo.





FINE.



Con approvazione della Revisione Ecclesiastica. {62 [134]}




Indice




Capo I. Patria di S. Callisto - sua elezione - suo zelo - gara degli osti - giudizio dell'Imperatore Alessandro - S. Maria in Trastevere – Miracolo dell'olio

Pag. 3


Capo II. Cimiteri antichi - tombe - catacombe di S. Callisto - cripte cristiane

7


Capo III. I gradi di parentela - ordinazione dei preti - il digiuno delle quattro Tempora

11


Capo IV. Incendio del Campidoglio - Augurii ed Aruspici - Statua di Giove - caduta del fulmine - S. Palmazio gentile accusa i Cristiani - risposta dell'Imperatore Alessandro

14


Capo V. S. Calipodio - soldati accecati - sacrifizio a Mercurio e minaccia di morte a chi non interviene

17 {63 [135]}


Capo VI. La Vergine Giuliana - Palmazio va da S. Callisto - è istrutto nella fede - riceve il battesimo con tutta la sua famiglia Pag. 22




Capo VII. Carceri Mamertine – Palmazio alla presenza dell'Imperatore - è consegnato a Simplicio Senatore, affinchè lo faccia prevaricare

26


Capo VIII. Palmazio guarisce una paralitica - S. Callisto istruisce e battezza Simplicio con tutta la sua famiglia - Parole di S. Calipodio

29


Capo IX. Ordine di persecuzione - Martirio di S. Calipodio - S. Callisto va a dimorare in casa di S. Poliziano - sepoltura e cimitero di S. Calipodio

32


Capo X. S. Callisto in prigione - suoi patimenti - Dio lo conforta con una visione - guarisce miracolosamente un soldato - è gettato in un pozzo - sua sepoltura - Chiesa di S. Callisto

36


Capo XI. Culto e reliquie di S. Callisto

41


Capo XII. Atti della traslazione dall'Italia a Cisonio (dal MS. di Giovanni Buzelino. V. Boll. 14 ottobre)

46


Capo XIII. Chiesa di S. Maria in Transtevere

55


Capo XIV. Parte interiore di questa Chiesa

58 {64 [136]}

{65 [137]}

{65 [138]}







[1] Per tenere a memoria la settimana in cui sogliono accadere le quattro tempora si suole far uso delle quattro seguenti parole - Post cen - Post pen. - Post cru. - Post Lu.; che è quanto a dire. - Post Cineres. - Post Pentecostem, Post sanctam crucem, Post sanctam Luciam: perchè le quattro tempora hanno sempre luogo la settimana dopo le ceneri, dopo Pentecoste, dopo l'invenzione di, santa croce, dopo il giorno in cui si venera santa Lucia.


[2] Mercurio, divinità favolosa, era detto figliuolo di Giove e messaggiero degli Dei. Credevano che egli presiedesse all'eloquenza ed al commercio. Gli fu dedicato il quarto giorno della settimana, che si diceva dies Mercurii e che noi chiamiamo mercoledì.


[3] Nel resto dell'Italia, a Napoli in s. Maria maggiore, a Firenze nella chiesa di tutti i Santi, nella Metropolitana, in quella di san Michele Visdomini, di s. Gioannino, a Bologna nella chiesa di s. Benedetto sulla strada Galleria, di s. Benedetto, di s. Giovanni in monte, di s. Stefano, a Lucca, in s. Maria di Cortelandini, a Cremona nella Cattedrale e nel monastero delle monache della SS. Trinità, a Todi nella Cattedrale, a Spelli nella Collegiata di s. Lorenzo, a Preneste in s. Agapito, in una antica chiesa di Laurentino, presso Civitavecchia nella chiesa della SS. Trinità, ad Amiterno in s. Vittorino. A Buterio nella Sicilia una parte di un braccio. Nella Francia oltre i luoghi già detti se ne conservano a Rotomago, e nel convento di S. Vittore, in Marsiglia. Nell' Inghilterra ve ne furono una volta a Glastonio; nella Spagna una parte del capo nella Cattedrale di Valenza. Nella Germania oltre i luoghi già indicati, una mandibola presso i PP. Domenicani di Colonia, in Ss. Simone Giuda e nella Collegiata Goslasiense, finalmente nell' altare di S. Vito nella Baviera.


[4] La medesima Imperatrice da Praga mandò reliquie di S. Callisto nel Tirolo. In Praga tuttavia si conserva anche una parte del capo dello stesso Santo arrecatovi dall'Imperatore Carlo quarto nel 1355.


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