Libri: Hayek o Keynes per uscire dalla crisi?

La crisi economica cominciata nel 2008 ha innescato, a livello accademico e sui mezzi d'informazione, un dibattito sulle migliori strategie per uscire dalla recessione che riprende, per molti versi, quello tra i socialisti, keynesiani e austriaci che si svolse ai tempi della grande depressione negli anni Trenta del Novecento.
Anche oggi la discussione ricalca sostanzialmente questa divisione tra le tre principali posizioni in campo:
 La teoria monetaria più vicina alle idee socialiste di un tempo è quella denominata Modern Monetary Theory (MMT). Gli economisti appartenenti a questa scuola chiedono politiche monetarie molto espansive ed inflazionistiche per combattere la recessione. In pratica le banche centrali dovrebbero stampare moneta a ruota libera per finanziare il debito pubblico e tutta la spesa pubblica desiderabile. Questi economisti, come James K. Galbraith (figlio del celebre John Kenneth Galbraith), Randall Wray, Stephanie Kelton o l'australiano Bill Mitchell, sostengono che il deficit pubblico nello scenario odierno è soltanto benefico, a condizione che venga finanziato dalle banche centrali comprando senza limiti i titoli di stato emessi dai rispettivi governi.
Questa teoria ha incontrato una certa popolarità sui giornali e soprattutto tra gli attivisti presenti in rete, che chiedono ai singoli stati europei di uscire dall'euro per poter tornare a stampar moneta senza vincoli esterni. I portatori di questa idea sostanzialmente negano che vi sia una qualche emergenza finanziaria in atto, e sostengono che uno stato sovrano può tranquillamente indebitarsi e stampare moneta all'infinito. Si tratta, a ben vedere, di una riedizione dell'antica illusione che si possano moltiplicare i pani e i pesci semplicemente facendo girare a pieno regime la stampatrice di banconote. Questa "via monetaria al socialismo" è una fantasia statalista che porterebbe alla completa distruzione della valuta e dell'economia, come ha evidenziato Matteo Corsini in questo articolo (MMT, ovvero Mad Monetary Theory) che critica in maniera puntuale i dettami della MMT.
In una posizione apparentemente più ragionevole troviamo i keynesiani, a cui appartiene una folta componente di politici, di destra o di sinistra, e di opinionisti. In termini molto semplificati anch'essi propongono di far ripartire l'economia dal lato della domanda, aumentando la spesa pubblica e riempiendo di nuova valuta inflazionata le tasche dei consumatori, ma vorrebbero che ciò avvenisse all'interno dell'euro, convincendo la Germania e gli altri stati nordici rigoristi ad allentare i vincoli della Bce e quelli anti-deficit, già piuttosto blandi, dei singoli paesi membri. Si tratta della stessa illusione del New Deal, secondo cui si può rimettere in moto l'economia spendendo soldi fasulli per creare posti di lavoro inventati. Attuata negli Stati Uniti ai tempi di Franklin D. Roosevelt, questa politica aggravò quella che sarebbe stata una breve recessione in un'interminabile depressione durata ben tredici anni, dal 1929 al 1942.
Nella sua rubrica "Scorie", che si può leggere sul blog della Liberia del Ponte, Matteo Corsini fustiga le proposte keynesiane che quotidianamente escono dalla bocca o dalla penna dei politici e dei giornalisti economici.
Abbiamo infine la posizione minoritaria di coloro che si rifanno, magari inconsapevolmente, alla scuola austriaca di Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e Murray N. Rothbard. Animata sostanzialmente dal buon senso tipico di un buon padre di famiglia, questa componente ritiene che non esistano ricette facili e indolori per uscire da una crisi, ma solo il duro lavoro, il maggiore risparmio e la riduzione delle spese eccessive. Immettere nuovo denaro nel sistema economico è un finto rimedio, solo temporaneo, che aggraverà ancor di più la crisi nel futuro, quando i nodi verranno al pettine.
Per gli austriaci quindi, come ha spiegato Claudio Romiti su L'Indipendenza, l'economia si sostiene e si sviluppa essenzialmente dal lato dell'offerta, grazie all'opera delle aziende e degli imprenditori; la ricchezza non sono i soldi di carta, perchè questi ultimi debbono essere strettamente collegati alla sottostante economia; conseguentemente il capitale finanziario destinato agli investimenti dovrebbe scaturire esclusivamente dal risparmio reale, generato dalla produzione e dallo scambio di beni e servizi.
Sono questi i termini del grande dibattito tra John Maynard Keynes e Friedrich A. von Hayek, tra keynesiani e austriaci, tra liberisti e statalisti, che Nicholas Wapshott ripercorre in maniera appassionante nel libro Keynes o Hayek? Lo scontro che ha definito l'economia moderna, edito da Feltrinelli.
I saggi scritti da Friedrich A. von Hayek in quell'epocale scontro sono stati raccolti invece nel libro Contro Keynes. Presunzioni fatali e stregonerie economiche, curato dall'Istituto Bruno Leoni.
Altri due nuovi titoli interessanti, sotto questo aspetto, sono Denaro di Carl Menger, la fondamentale analisi sulla natura sociale e spontanea del denaro elaborata dal fondatore della scuola austriaca (Rubbettino); e Perchè le nazioni falliscono. Alle origini di prosperità, potenza e povertà di Daron Acemoglu e James A. Robinson (Il Saggiatore), secondo i quali sono le elite politiche oppressive ed "estrattive", che depredano fiscalmente le popolazioni governate, la principale causa storica della povertà delle nazioni.
Guglielmo Piombini
www.libreriadelponte.com

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