La complessità del fisco italiano spiega la persistente popolarità di Berlusconi

Silvio Berlusconi non è riuscito a rovesciare il governo italiano, ma rimane ancora popolare con oltre il 20 % di consensi. Una delle ragioni principali della sua popolarità è l'estremo livello di complessità del sistema tributario italiano.

L'ex primo ministro Silvio Berlusconi non è riuscito la settimana scorsa a far cadere la fragile coalizione di governo del primo ministro Enrico Letta, ma ci è andato pericolosamente vicino. Malgrado la condanna per frode fiscale, l'espulsione dal Senato e il rischio di finire agli arresti domiciliari, Berlusconi è riuscito a gettare nello scompiglio l'intero establishment politico italiano, a innervosire i mercati finanziari internazionali e a minacciare di spingere la più ampia eurozona in una nuova crisi.

Come ha fatto Berlusconi – un uomo che nella maggior parte degli altri paesi sarebbe da tempo politicamente morto – a orchestrare un tale dramma politico? In larga misura la risposta viene dalle tasse. Minacciando di far cadere il governo con il pretesto della sua opposizione all'imposta sugli immobili e al programmato aumento dell'IVA, Berlusconi ha tentato di far leva sul profondo disprezzo degli italiani per il sistema fiscale italiano.

«In Italia l'evasore è un eroe. L'evasione fiscale è la forma ultima della rivolta fiscale», dice Leonardo Facco, fondatore del Movimento Libertario, che ha sede nel Friuli. Facco, che in passato è stato uno dei leader della Lega Nord, partito populista oggi alleato con il Popolo della Libertà di Berlusconi, crede che il sistema fiscale italiano sia «caratterizzato da una burocrazia e da un sistema di riscossione folle, paragonabile alle peggiori forme medievali di estorsione». Anche se Facco è dell'idea che la posizione di Berlusconi sulle tasse sia solo retorica priva di sostanza, e che egli non sia un vero liberale sul piano economico, è d'accordo tuttavia con Berlusconi sull'IVA e sull'IMU. «Sono una rapina», dice Facco.

L'evasione fiscale di massa

Secondo l'OCSE l'Italia ha uno dei tassi di evasione fiscale più alti del mondo sviluppato. La Banca d'Italia stima che il 27,4 % dell'economia italiana si sottrae alla tassazione. Per di più, un recente sondaggio fatto dall'Università di Milano ha rilevato che il 29,9 % degli italiani pensa che sia "legittimo" evadere le tasse. Berlusconi stesso ha dichiarato in passato che l'evasione fiscale era semplicemente una risposta alle aliquote fiscali troppo alte. Fabrizio de Pasquale, consigliere comunale a Milano del partito di Berlusconi, dice che l'evasione fiscale è un sintomo di «mancanza di senso civico». «Tuttavia – aggiunge – il problema è che abbiamo una tassazione altissima per chi realizza alti guadagni e per chi lavora in proprio, e per questa ragione è molto conveniente evitare di pagare le tasse».

Le entrate fiscali totali dell'Italia come percentuale sul PIL erano al 42,5 % nel 2011, al sesto posto nell'Unione Europea e quasi 4 punti percentuali sopra la media europea del 38,8 %, secondo Eurostat. Nel 2013 l'aliquota più alta dell'imposta sui redditi è stata del 43 %, e del 27,5 % sulle imprese. Quest'ammontare però è minore del 47,5 e 29,8 % della Germania, dove la riscossione è stata molto più aggressiva negli anni recenti. L'IVA italiana, che prima delle recenti incertezze politiche era stata aumentata dal 21 al 22 %, è vicina alla media europea del 21,3 %. In ogni caso le tasse implicite sul lavoro – cioè le tasse che provocano il maggior segno sia a sinistra che a destra – raggiungono in Italia il 42,3 %, al secondo posto in Europa dopo il Belgio.

Una volta pagate le tasse sui profitti e sul lavoro, l'impresa italiana paga in media intorno al 68 % all'anno, stima Franco Pavoncello, professore di scienze politiche e preside dell'Università Giovanni Caboto di Roma. La conseguenza, spiega Pavoncello, è che molte aziende piccole e medio-piccole, come i negozi e i ristoranti, operano esclusivamente con i contanti e non rilasciano fatture o scontrini. «Nel nord Italia la gente va ad aprire le imprese in Austria, dove c'è un'unica aliquota di tassazione», aggiunge Pavoncello.

aggiori imprese di pagare ai propri lavoratori dei salari concorrenziali, dato che nell'industria il salario medio di un operaio è di circa 1000 euro al mese (1327 dollari). L'anno scorso Colomban ha creato ConfAPRI, un'associazione di imprenditori e professionisti italiani che agisce come lobby a favore della riduzione della tassazione sulle imprese e sul lavoro, e per l'aumento dei salari dei lavoratori.

Analogamente, il giornalista e docente italiano Gianni Riotta nota che i metalmeccanici italiani guadagnano significativamente di meno dei loro colleghi tedeschi, malgrado i datori di lavoro italiano paghino tasse più alte per ogni singolo lavoratore, danneggiando così in ultima analisi la capacità di un'impresa come la Fiat di competere con un'impresa come la BMW.

Uno svantaggio competitivo

Riotta dice che Berlusconi sfrutta la frustrazione collettiva riguardo l'alta tassazione sia degli imprenditori, grandi e piccoli, sia dei lavoratori comuni. «Berlusconi dice "Stanno facendo a voi quello che hanno fatto a me"»: così Riotta spiega l'approccio di Berlusconi agli elettori sul tema delle tasse. Il sostegno di Berlusconi per un ordinamento fiscale più flessibile costituisce in larga parte la ragione del favore che continua a godere presso l'elettorato italiano, afferma Riotta. I sondaggi svolti subito dopo il voto di fiducia che confermato Letta al governo dopo un voltafaccia a sorpresa di Berlusconi mostrano un calo del suo partito tra i 2 e i 6 punti percentuali rispetto a settembre, ma continua a rimanere sopra il 20 %.

Se il centro-sinistra, incluso di Partito democratico di Letta, offrisse un armistizio fiscale agli imprenditori che aprono una nuova attività, sostiene Riotta, potrebbe attirare i voti di coloro che tendono a orientarsi verso Berlusconi per la sua posizione sulle tasse.

Di converso, la sinistra incolpa Berlusconi di aver in realtà aumentato il costo del lavoro e il carico fiscale sui lavoratori. «Le distorsioni del sistema sono cominciate molto tempo prima, ma negli ultimi vent'anni i governi di centrodestra, compresi quelli di Berlusconi, li hanno esacerbati riducendo le imposte sulla proprietà, il capitale e la finanza, e aumentando quelle sul lavoro» dice Leopoldo Tartaglia della Cgil, il maggior sindacato italiano.

Nello stesso tempo Berlusconi ha perso credibilità sulle questioni fiscali insieme al centrodestra, dice Serena Sileoni, vicedirettrice dell'Istituto Bruno Leoni, un think-tank favorevole al libero mercato. Il suo partito può essere ancora popolare presso le piccole imprese e le famiglie, ma «durante i suoi anni di governo non c'è stata nessuna misura adeguata o concreta per ristabilire lo stato di diritto nel campo tributario, o per ridurre le tasse», dice la Sileoni. Citando una miriade di numeri sulle "tasse occulte" in aggiunta alla "tassazione classica", la Sileoni afferma che l'Italia dovrebbe rendere il proprio ordinamento fiscale più trasparente, in modo che i cittadini possano conoscere le imposte che gravano su di loro.

Malgrado la sua frustrazione per l'evidente fallimento di Berlusconi nell'adottare una reale riforma fiscale, la Sileoni riecheggia alcuni dei principali temi berlusconiani quando fa notare che "l'insopportabile" livello di tassazione sugli individui e sulle imprese potrebbe condurre ad un aumento dell'evasione fiscale. E aggiunge: «L'unico modo per combattere radicalmente l'evasione fiscale, quando la tassazione è così soffocante, è quello di ridurre il livello delle tasse e dare ai contribuenti le garanzie che il loro denaro venga realmente usato per i servizi sociali».

(Traduzione di Guglielmo Piombini)

(http://www.spiegel.de/international/europe/a-complicated-tax-system-in-italy-buoys-berlusconi-a-926692.html)

Original Page: http://www.libreriadelponte.com/det-articolo.asp?ID=187

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Christian Bazzucchi
dal mio nook touch

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