La vittoria della ragione


Molto è stato scritto sui motivi per i quali, a partire dal Medioevo, l’Occidente ha sopravanzato il resto del mondo. Le spiegazioni più comuni hanno riguardato la felice configurazione geografica, l’espansione dei commerci, il progresso della tecnologia. Ma è stato completamente trascurato un fatto: nessuno sviluppo sarebbe stato possibile senza una profonda fiducia nella ragione, che affonda le proprie radici nella religione cristiana.

In La vittoria della ragione, Rodney Stark propone quest’idea rivoluzionaria: le più significative innovazioni intellettuali, politiche, scientifiche ed economiche introdotte nello scorso millennio sono riconducibili al cristianesimo e alle istituzioni a esso collegate. Secondo Stark, non sono state la contrapposizione tra la società laica e quella religiosa, né la competizione tra scienza e fede a farci progredire.
Al contrario, è alla teologia cristiana che dobbiamo attribuire la vera origine della ragione. Mentre infatti le altre grandi religioni hanno posto l’accento sul mistero, sull’obbedienza e sulla meditazione, il cristianesimo ha abbracciato la logica e il pensiero deduttivo aprendo la strada alla libertà e al progresso.

Nella sua analisi della supremazia occidentale, Stark ridimensiona in modo convincente «verità» ormai accettate da tempo. Dimostra, ad esempio, che il capitalismo prosperò secoli prima che esistesse un’etica protestante del lavoro, ovvero ben prima della Riforma, confutando l’idea che sia stata essa a favorirne la nascita. Nel V secolo, osserva Stark, sant’Agostino lodava sia il progresso teologico sia quello materiale, mentre, parecchio tempo prima di lui, Aristotele aveva condannato l’attività commerciale come «incompatibile con la virtù umana». Ciò rafforza l’idea che il Medioevo non sia stato un periodo di decadenza o di stasi (i famigerati «Secoli Bui»), ma al contrario la culla delle future glorie dell’Occidente.
La vittoria della ragione è un’analisi di ampio respiro che accompagna il lettore dal Vecchio al Nuovo Mondo, dal passato al presente, ribaltando in questo percorso non solo secoli di pregiudizi accademici, ma anche la radicata tendenza antireligiosa della nostra epoca. Quest’opera dimostra che ciò che più ammiriamo della realtà che ci circonda – il progresso scientifico, la democrazia, il libero commercio – è in larga misura dovuto al cristianesimo, e che noi oggi siamo gli eredi di questa grande tradizione.

A seguire la recensione di Guglielmo Piombini pubblicata su Il Foglio del 24 gennaio 2006:

Quando gli europei all’inizio dell’età moderna si lanciarono nell’esplorazione del globo, la loro sorpresa maggiore non fu la scoperta dell’emisfero occidentale, ma la loro enorme superiorità tecnologica sul resto del mondo. Non solo gli orgogliosi imperi maya, aztechi e inca erano impotenti davanti ai nuovi arrivati, ma anche le favolose civiltà orientali come la Cina, l’India e l’Islam erano rimaste considerevolmente arretrate rispetto all’Europa. Cos’era successo? Come riuscirono le nazioni sorte dalle rovine di Roma a surclassare in ogni campo il resto del mondo?

Le spiegazioni più alla moda assegnano alla geografia e al clima un’importanza fondamentale nelle vicende umane. Ad esempio, nel best-seller “Armi, acciaio e malattie” (tradotto in Italia da Einaudi) Jared Diamond attribuisce gran parte dei successi europei alle favorevoli condizioni ambientali presenti nel vecchio continente. Questa spiegazione determinista viene però decisamente respinta in un libro straordinario, La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza, appena tradotto dalla casa editrice Lindau. L’autore è Rodney Stark, uno dei più noti sociologi delle religioni, docente di scienze sociali alla Baylor University (in Italia ha pubblicato nel 2003 Dio è tornato, scritto con Massimo Introvigne ed edito da Piemme).

Stark smentisce dunque Diamond, ricordando come nella storia tutte le civiltà hanno prosperato e sono decadute sotto qualsivoglia clima o latitudine. Un crescente numero di studiosi ha individuato invece le ragioni del “miracolo europeo” nella nascita del capitalismo. Secondo la ricostruzione dei massimi indagatori della storia economica europea (Jean Baechler, Harold Berman, Eric Jones, David Landes, Joel Mokyr, Douglas North, Luciano Pellicani, Nathan Rosemberg e Luther Birzdell), mentre gli ultracentralizzati e dispotici imperi orientali del passato soffocarono la libertà individuale e l’innovazione, il potere politico decentralizzato e limitato dell’Europa medievale non fu in grado di mettere in pericolo la sicurezza della proprietà privata e di ostacolare la libertà dei commerci. La conseguenza fu la fioritura del capitalismo, al quale anche i suoi maggiori critici (a partire da Marx ed Engels) attribuiscono il merito di aver generato un aumento di ricchezza e uno sviluppo tecnologico senza precedenti.

La tesi è corretta, ma non spiega perché l’Europa, a differenza di tutte le altre stagnanti società asiatiche, ha sviluppato un ambiente politico favorevole all’economia di mercato. Per risolvere l’enigma è necessario abbandonare il relativismo imperante nelle scienze sociali, scrive Stark, e analizzare criticamente i presupposti metafisici e religiosi che stanno alla base delle diverse culture. La cultura europea è stata infatti plasmata profondamente dalla concezione giudaico-cristiana del mondo creato e ordinato razionalmente da Dio. Mentre tutte le altre religioni del mondo enfatizzavano il mistero e l’intuizione, solo il cristianesimo considerò la ragione e la logica come delle guide per scoprire le verità religiose. Già i primi padri della chiesa, come Tertulliano e Sant’Agostino, insegnavano che grazie al dono divino della ragione gli uomini potevano raggiungere progressivamente una migliore comprensione delle Scritture e della rivelazione. Questa fiducia nella ragione venne incoraggiata dalla scolastica medievale di Alberto Magno e San Tommaso, e diffusa in quelle gloriose invenzioni della cattolicità che furono le università medievali. Sotto questo aspetto la filosofia greca influenzò la religione cristiana molto più della stessa religione greca, rimasta legata ai culti misterici.

La fede cristiana nella ragione promosse la libertà politica, grazie alla teorizzazione da parte dei canonisti medievali dei diritti naturali dell’individuo, ben prima di John Locke o degli illuministi. L’applicazione sistematica della razionalità alle attività economiche favorì inoltre lo sviluppo del capitalismo nei monasteri e nei comuni medievali, secoli prima della riforma protestante (a dispetto delle tesi di Max Weber). La fiducia della cristianità europea nella ragione permise infine la nascita della scienza.

Quest’ultima tesi può apparire revisionista, se non provocatoria, solo a coloro che sono rimasti fermi alla propaganda illuminista, senza sapere che negli ultimi decenni quasi tutti gli storici della scienza, compresi A.C. Crombie, David Lindberg, Edward Grant, Stanley Jaki, Thomas Goldstein e J.L. Heilbron, sono arrivati alla conclusione che senza l’apporto spirituale e materiale del cattolicesimo l’Occidente non avrebbe conosciuto alcuna rivoluzione scientifica. L’idea cristiana di un universo creato da Dio e ordinato secondo leggi razionali si è infatti rivelata fondamentale per lo sviluppo della scienza, perché sarebbe assurdo ricercare delle regolarità in un universo caotico che si comporta casualmente e imprevedibilmente. Nelle società fondate su tradizioni religiose animiste o panteiste, dove la divinità si confonde con la natura, l’idea che il mondo fisico sia assoggettato a leggi fisse e prevedibili è inconcepibile, e per questo motivo il metodo scientifico ha incontrato grosse difficoltà ad affermarsi. Lo stesso problema si è verificato nel mondo islamico, dove la teologia condanna i tentativi di scoprire le leggi naturali perché limiterebbero la volontà libera e arbitraria di Allah.

Il successo dell’Occidente, afferma Rodney Stark al termine della sua analisi, si deve quindi interamente sulle sue fondamenta religiose. L’idea che dalla caduta dell’impero romano al Rinascimento l’Europa sia rimasta sotto una cappa di ignoranza, oscurantismo e superstizione è interamente falsa. Gli abitanti dell’Europa, partendo praticamente da zero dopo le devastazioni causate dalle invasioni barbariche, in soli cinque secoli si erano già dimostrati, da un punto di vista economico e tecnologico, ben più ingegnosi e avanzati delle popolazioni vissute nelle precedenti millenarie società antiche. E dopo altri cinque secoli, all’alba delle grandi scoperte geografiche, avevano già raggiunto la supremazia mondiale. Oggi, all’opposto, l’Europa non si espande più, la sua economia ristagna, la sua influenza culturale nel mondo si restringe, la sua popolazione invecchia e decresce vistosamente. La lezione di Stark ci suggerisce che questa decadenza potrebbe avere qualcosa a che fare con l’abbandono delle proprie radici religiose e culturali. Mentre, altrove nel mondo, “per molti non europei, diventare cristiani significa diventare moderni”.

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