Perché il Giappone non dovrebbe contrastare la deflazione
http://johnnycloaca.blogspot.com/2013/02/perche-il-giappone-non-dovrebbe.html
Per l'introduzione all'articolo di oggi, riprendo le parole della rubrica di Usemlab "Il Biscotto del Mattino": «Tutti sanno oramai che il Giappone è il paese industrializzato con la più alta percentuale di debito al mondo su prodotto interno lordo (si viaggia oltre il 220% di debito lordo, benchè il debito netto sia quasi la metà). Molti intuiranno che con un debito così alto il Giappone è anche il paese che paga più interessi sul debito in termini di entrate fiscali governative. Intuizione giusta: oltre il 20% contro una cifra che per l'Italia si attesta intorno al 10%. Ma quanti sapevano che l'ammontare di debito in proporzione alle entrate fiscali fa effettivamente impallidire le statistiche di ogni altro paese del pianeta, attestandosi vicino un rapporto di 20 a 1 contro un modesto 4 a 1 della Grecia, seconda classificata? Nell'ipotesi in cui i tassi raddoppiassero dai miseri livelli attuali il Giappone si troverebbe in tempi brevi a dover rigirare il 50% delle proprie entrate fiscali solo per pagare gli interessi. Chi negli ultimi anni 15 anni (ovvero da quando il ratio debito/gdp ha superato il 100%) ha scommesso su una crisi del Giappone non ha fatto che perdere soldi, tuttavia il momento della valanga sembra finalmente avvicinarsi a passo davvero rapido: attenzione al prezzo del petrolio in yen e a come si muoverà il più grosso fondo pensione giapponese (e del pianeta). Intanto yen -19% contro dollaro e -26% contro euro, in appena 4 mesi (per cui il quasi 30% di salita del Nikkei per un europeo si traduce in un grande sbadiglio)! E state sicuri che qualcuno da questa parte dell'Europa fallita la chiamerà svalutazione competitiva, invidiandogliela pure.»
_________________________________________________________________________________
di Frank Shostak
Il 22 Gennaio 2013 i responsabili politici della Banca del Giappone (BOJ) hanno votato per un obiettivo di inflazione al 2%, da raggiungere "il più presto possibile" con un acquisto extra di titoli per un ammontare di ¥13 bilioni al mese ($145 miliardi). L'azione è arrivata dopo mesi di intense pressioni sulla BOJ da parte del nuovo primo ministro del paese, Shinzo Abe, affinché adottasse misure più aggressive per rilanciare l'economia.
Abe sostiene che la deflazione può compromettere tutti gli sforzi per far crescere l'economia, e il governo e la banca centrale devono agire insieme per far aumentare di nuovo i prezzi.
Il tasso annuo di crescita dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) era pari al -0.1% a Dicembre rispetto al -0.2% del mese precedente. Era il settimo calo mensile consecutivo.
Inoltre, il tasso annuale di crescita della produzione industriale è sceso al -5.5% nel mese di Novembre dal -4.5% del mese precedente.
La maggior parte degli economisti è d'accordo con il Primo Ministro Abe secondo cui il calo dei prezzi, etichettato come deflazione, è una grave minaccia per l'economia giapponese. Sono anche d'accordo con il Primo Ministro Abe sulla via per uscire dalla crisi economica: la Banca del Giappone (BOJ) deve incrementare l'offerta di moneta in modo aggressivo. Secondo questa linea di ragionamento, aumenteranno le aspettative inflazionistiche e le quali spingeranno le persone a spendere, cosa che a sua volta genererà una ripresa economica. In breve, la chiave per la ripresa economica prevede l'aumento della domanda di beni e servizi con un arresto del calo dei prezzi.
Tuttavia, molti esperti sono rimasti delusi dai recenti piani della BOJ, perché gli acquisti di asset pianificati non inizieranno fino al 2014.
Inoltre, molti dei titoli che acquisterà la Banca del Giappone saranno sotto forma di debito a breve termine, quindi gli esperti ritengono che l'acquisto annuale di asset sarà pari a meno di $150 miliardi. Al contrario, sostengono sempre gli esperti, il bilancio della FED è destinato ad aumentare di un bilione di dollari nel 2013.
Il calo dei prezzi è una cattiva notizia?
Contrariamente al senso comune, non c'è niente di sbagliato con i prezzi in calo. Infatti, la caratteristica essenziale di un'economia di libero mercato è quella di selezionare come denaro quelle merci il cui potere d'acquisto cresce nel tempo. In un'economia di mercato con una moneta-merce come l'oro, i prezzi dei beni tendono a calare. Secondo Salerno:
Nel corso della storia, la tendenza naturale di un'economia di mercato, nel quadro di un moneta merce come l'oro, propendeva verso prezzi in discesa poiché l'accumulo di capitale ed i progressi nelle tecniche industriali portarono ad una continua espansione nell'offerta di beni. Per tutto l'Ottocento e fino alla Prima Guerra Mondiale, nei paesi industrializzati prevalse un trend deflazionistico poiché la rapida crescita dell'offerta di beni superò la crescita progressiva della massa monetaria sotto un gold standard classico. Per esempio: negli Stati Uniti, dal 1880 al 1896, il livello dei prezzi all'ingrosso scese di circa il 30%, o dell'1.75% l'anno, mentre il reddito reale aumentò di circa l'85%, ovvero circa il 5% l'anno.[1]
In un libero mercato, il crescente potere d'acquisto del denaro, vale a dire, prezzi in calo, è il meccanismo che rende accessibile a molte persone una grande varietà di beni prodotti.
Su questo argomento, Murray Rothbard scrisse:
Il miglioramento nel livello di vita fu dovuto ai frutti degli investimenti di capitale. L'aumento della produttività tende ad abbassare i prezzi (ed i costi) e quindi a distribuire i frutti della libera impresa a tutta la popolazione, aumentando il livello di vita di tutti i consumatori. Sostenere il livello dei prezzi impedisce la diffusione di questo standard di vita più elevato.[2]
La maggior parte degli esperti sostiene, tuttavia, che un calo generale dei prezzi potrebbe essere una "cattiva notizia," perché rallenterebbe la propensione della gente a spendere, cosa che a sua volta indebolirebbe gli investimenti in infrastrutture e macchinari. Tutto questo mette in moto una crisi economica. Inoltre, poiché la crisi deprime ulteriormente i prezzi dei beni, si va ad intensificare il ritmo del declino economico. Ma tutto ciò ha senso?
Secondo Salerno:
Ad esempio: un computer veniva venduto a $4.7 milioni nel 1970, oggi è possibile acquistare un PC 20 volte più veloce per meno di $1,000. La deflazione nei prezzi nelle industrie high-tech non ne ha compromesso l'enorme espansione dei profitti, della produttività e dei prodotti. Nel 1980 le imprese informatiche distribuirono un totale di 490,000 PC, mentre nel 1999 le distribuzione hanno superato le 43 milioni di unità (nonostante il fatto che i prezzi erano diminuiti di oltre il 90% nel frattempo).[3]
Inoltre, non ha alcun senso sostenere che una riduzione dei prezzi (causata da un'espansione della ricchezza reale) fa sì che i consumatori rimandino gli acquisti di beni e servizi. Sostenere una tesi simile, o che le persone siano disposte ad attendere ulteriori cali di prezzo rimandando quindi i consumi, significherebbe che le persone hanno abbandonato ogni desiderio di vivere nel presente. Senza la conservazione della vita nel presente, non è concepibile una vita nel futuro.
La "cattiva" deflazione nei prezzi dovrebbe essere contrastata?
Anche se si accettasse l'idea di un calo dei prezzi in risposta ad un aumento della produzione di beni, cosa possiamo dire quando il calo dei prezzi è associato ad un declino dell'attività economica? Sicuramente questo tipo di deflazione è una cattiva notizia e deve essere contrastata.
Ogni volta che una banca centrale pompa denaro nell'economia ciò va a beneficio di quelle attività che emergono grazie alla politica monetaria espansiva, e va a scapito dei generatori di ricchezza.
Attraverso questa politica, la banca centrale fa nascere una classe di persone che diventano involontariamente consumatori senza che abbiano dato un contributo al bacino della ricchezza reale. Il loro consumo è possibile perché deviano ricchezza reale dai produttori di ricchezza.
La politica monetaria espansiva non solo spinge i prezzi dei beni più in alto, ma favorisce la produzione di beni richiesti dai consumatori di ricchezza.
I beni che vengono consumati dai produttori di ricchezza non sono mai sprecati, poiché li sostengono mediante la loro produzione. I consumatori di ricchezza, proprio come suggerisce il loro appellativo, consumano la ricchezza e non producono nulla in cambio.
Fino a quando il bacino della ricchezza è in crescita, i vari beni e servizi promossi dai consumatori di ricchezza sembrano redditizi. Tuttavia, una volta che la banca centrale inverte la sua posizione monetaria espansiva, si arresta la deviazione di reddito reale dai produttori di ricchezza ai consumatori di ricchezza. Questa svolta indebolisce la domanda di beni e servizi dei consumatori di ricchezza, esercitando pertanto una pressione al ribasso sui prezzi. Questo calo è emblematico del fatto che non c'è mai stata una vera domanda per questi beni.
La politica monetaria più restrittiva ferma l'emorragia dei generatori di ricchezza. Il calo dei prezzi dei vari beni e servizi arriva in risposta all'arresto dell'impoverimento dei produttori di ricchezza e indica quindi l'inizio della guarigione economica. Invertire di nuovo la politica monetaria al fine di evitare una diminuzione dei prezzi, fa riprendere l'impoverimento dei generatori di ricchezza. Come disse Mises:
I prezzi dei fattori di produzione – sia materiali che umani – raggiungono un picco eccessivo nel periodo di boom. Devono scendere in modo che l'azienda possa tornare a far registrare profitti [...]. Qualsiasi tentativo del governo o dei sindacati di prevenire o ritardare questo processo, proroga solamente la stagnazione.[4]
Di norma, ciò che la banca centrale tenta di stabilizzare è il cosiddetto indice di prezzo. Il "successo" di questa politica, però, dipende dallo stato del bacino della ricchezza reale. Fino a quando il bacino è in espansione, l'inversione della posizione più ristretta crea l'illusione che la politica monetaria espansiva sia il rimedio giusto. La posizione monetaria espansiva, che ripristina il flusso di ricchezza reale verso i consumatori di ricchezza, va a sostenere la loro domanda di beni e servizi in modo da arrestare, o addirittura invertire, la deflazione nei prezzi. Inoltre, poiché il bacino della ricchezza reale è ancora in crescita, il ritmo della crescita economica resta positivo – da cui scaturisce questa convinzione sbagliata: una posizione monetaria espansiva che inverte il calo dei prezzi è la chiave per rilanciare l'attività economica.
L'illusione che, attraverso il pompaggio monetario, sia possibile mantenere prospera l'economia va in frantumi una volta che il bacino della ricchezza comincia a declinare. Quando accade, l'economia inizia a sprofondare. Politiche monetarie più aggressive non annulleranno questo tonfo ed ogni tentativo volto a stimolare la domanda di beni non può essere efficace; non ci sono i mezzi per sostenere questa domanda. Inoltre, l'inversione della posizione monetaria più ristretta eroderà maggiormente il bacino della ricchezza reale peggiorando pertanto la crisi economica.
Anche se le politiche monetarie espansive riuscissero a risollevare i prezzi e le aspettative inflazionistiche, non possono rilanciare l'economia mentre il bacino della ricchezza reale è in declino. (E' necessaria ricchezza reale per finanziare le varie attività.) Dal momento che la chiave per una ripresa economica in Giappone è lo stato del bacino della ricchezza reale, come possiamo verificarne la salute? Come si fa a sapere se è in crescita, in stagnazione, o in declino?
Se il bacino fosse stato stata in crescita, sarebbe seguita una crescita di fondo dell'attività economica. Questo, a sua volta, avrebbe creato l'illusione di un successo delle politiche monetarie e fiscali espansive.
La BOJ ha abbassato quasi a zero il tasso di interesse interbancario, dal suo precedente livello di 8.56% del Marzo 1991. Inoltre, nonostante l'accusa alla BOJ di non essere stata abbastanza aggressiva, dal 1990 il ritmo del pompaggio monetario è stato pari al 14% annuo. Nonostante tutto ciò, la crescita dei prestiti bancari resta sottomessa. Il tasso di crescita annuo dei prestiti era all'1.4% a Dicembre rispetto all'1.3% di Novembre. Il tasso di crescita annuo dell'AMS giapponese era all'1.9% a Dicembre rispetto al 2.3% del mese precedente.
Nonostante le politiche stimolanti della BOJ, l'attività economica ha continuato a deteriorarsi. E' probabile quindi che il bacino della ricchezza reale o è stagnante o, peggio, in declino. Di conseguenza, l'unico modo per rilanciare l'economia – sebbene le autorità siano riluttanti a perseguirlo – è quello di consentire ai produttori di ricchezza di prendere il sopravvento. Tuttavia, questo significa che devono sparire le varie attività che non riescono a sostenersi da sole. La cosa peggiore che potrebbe fare la Banca del Giappone è quella di intensificare ulteriormente le iniezioni monetarie.
Sintesi e conclusione
Contrariamente al pensiero popolare, la deflazione nei prezzi di regola è sempre una buona notizia per l'economia. Quando i prezzi calano in risposta alla crescita della ricchezza reale, questo significa che stanno migliorando gli standard di vita delle persone. Quando i prezzi calano a causa dello scoppio di una bolla finanziaria, anche questa è una buona notizia per l'economia, in quanto indica che è stato arrestato l'impoverimento dei produttori di ricchezza. La recente proposta giapponese di aumentare il ritmo del pompaggio monetario, al fine di contrastare la deflazione, intensifica l'impoverimento economico dei produttori di ricchezza ritardando così qualsiasi ripresa economica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli
__________________________________________________________________________________
Note
[1] Joseph T. Salerno "An Austrian Taxonomy of Deflation" presentato al "Boom, Bust, and the Future," 19 Gennaio 2002, The Mises Institute, Auburn, Alabama pag. 8.
[2] Murray N. Rothbard What Has Government Done to Our Money? pag. 17.
[3] vedi nota 1.
[4] Ludwig von Mises Azione Umana, pag. 568-569.
__________________________________________________________________________________
shared via http://feedly.com
Commenti