di Antonio Giulio Gaetano
A Bologna, la dotta, devono essere tutti dottori in legge, ma i ragionieri scarseggiano di sicuro. Non si spiega altrimenti il referendum consultivo sul taglio dei fondi agli asili privati che ha visto la città spaccarsi con Pd-Lega-Pdl fare fronte comune contro M5S e Sel (questa la vera novità), Sel litigare con il Pd (e questa non è una novità) e soprattutto gli elettori preferire la spiaggia alle urne. Ha votato solo il 28% degli aventi diritto, con una risicata vittoria del sì ai tagli con il 59%.
Ma quello che fa paura, sono i numeri. Non solo quelli degli elettori (50.517 contro 35.160), ma i soldi in ballo. Si trattava di “consigliare” al Comune come spendere un milione dei 540 che ogni anno mette a bilancio. Lo 0,18%. Peccato che, conti alla mano (fatti dal Movimento 5 Stelle che in genere con la calcolatrice ci sa fare), il referendum sia costato al Comune 540mila euro.
Ora, non occorre essere geni in aritmetica per capire che spendere 540mila euro per avere un consiglio (perché il referendum, ricordiamolo, è consultivo, esprime quindi un parere e non vincola il Comune per le decisioni future) su come investirne 1000, abbia poco senso, anche quando l'investimento è prolungato nel tempo, come in questo caso. Soprattutto quando, conti alla mano, il 23% dei bambini bolognesi va negli asili privati, mentre il Comune spende, per questo tipo di strutture, solo il 2,8% dei fondi destinati alle scuole materne. Insomma, conviene che questi asili privati continuino ad assorbire una buona fetta dei marmocchi bolognesi. Pena, un aggravio importante per le casse del Comune che, in caso di chiusura, si troverebbe a dover allargare l'offerta, magari aprendo nuove strutture con costi enormi.
E non occorre nemmeno essere degli statisti per intuire che 15mila persone non cambieranno la politica economica di una città di 370mila abitanti. L’unico risultato certo è stato quello di aver tolto 540mila euro dal bilancio del Comune di quest'anno.
A Bologna, la dotta, devono essere tutti dottori in legge, ma i ragionieri scarseggiano di sicuro. Non si spiega altrimenti il referendum consultivo sul taglio dei fondi agli asili privati che ha visto la città spaccarsi con Pd-Lega-Pdl fare fronte comune contro M5S e Sel (questa la vera novità), Sel litigare con il Pd (e questa non è una novità) e soprattutto gli elettori preferire la spiaggia alle urne. Ha votato solo il 28% degli aventi diritto, con una risicata vittoria del sì ai tagli con il 59%.
Ma quello che fa paura, sono i numeri. Non solo quelli degli elettori (50.517 contro 35.160), ma i soldi in ballo. Si trattava di “consigliare” al Comune come spendere un milione dei 540 che ogni anno mette a bilancio. Lo 0,18%. Peccato che, conti alla mano (fatti dal Movimento 5 Stelle che in genere con la calcolatrice ci sa fare), il referendum sia costato al Comune 540mila euro.
Ora, non occorre essere geni in aritmetica per capire che spendere 540mila euro per avere un consiglio (perché il referendum, ricordiamolo, è consultivo, esprime quindi un parere e non vincola il Comune per le decisioni future) su come investirne 1000, abbia poco senso, anche quando l'investimento è prolungato nel tempo, come in questo caso. Soprattutto quando, conti alla mano, il 23% dei bambini bolognesi va negli asili privati, mentre il Comune spende, per questo tipo di strutture, solo il 2,8% dei fondi destinati alle scuole materne. Insomma, conviene che questi asili privati continuino ad assorbire una buona fetta dei marmocchi bolognesi. Pena, un aggravio importante per le casse del Comune che, in caso di chiusura, si troverebbe a dover allargare l'offerta, magari aprendo nuove strutture con costi enormi.
E non occorre nemmeno essere degli statisti per intuire che 15mila persone non cambieranno la politica economica di una città di 370mila abitanti. L’unico risultato certo è stato quello di aver tolto 540mila euro dal bilancio del Comune di quest'anno.
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